La minaccia di Xi e Putin: "Europa e Nato si fermino". L'Ue: armi pesanti a Kiev

Lavrov: "Borrell? Cambiano le regole del gioco". Premier austriaco al Cremlino: "Colloquio duro"

La minaccia di Xi e Putin: "Europa e Nato si fermino". L'Ue: armi pesanti a Kiev

New York - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a chiedere più aiuti militari alla comunità internazionale (agli Usa in particolare) e la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, segna una nuova svolta nella politica della Germania di fronte alla guerra, un segno che la pressione di Kiev sta facendo effetto.

La titolare della diplomazia di Berlino ha sottolineato come l'Ucraina abbia «bisogno di altro materiale militare, innanzitutto di armi pesanti», e che «non è tempo di pretesti, ma servono creatività e pragmatismo». Anche il vicecancelliere tedesco Robert Habeck è a favore della consegna di ulteriori armi, ribadendo che «adesso le truppe vanno sostenute velocemente». Da Bruxelles è stato poi l'Alto rappresentante per la politica dell'Ue Josep Borrell ad affermare che ora più che le sanzioni servono le armi: «Le battaglie che vedremo nell'est dell'Ucraina avverrebbero anche con l'embargo al gas e al petrolio russo: ciò che fa la differenza in questo momento sono gli aiuti militari».

Le parole dette da Borrell al rientro dalla missione ucraina a proposito della strategia da adottare nella prossima fase, in particolare fornendo a Kiev «quello di cui ha bisogno», cioè armi, hanno fatto infuriare Mosca: «Le sue dichiarazioni cambiano significativamente le regole del gioco - ha tuonato il ministro degli Esteri Sergei Lavrov - Indicano che l'Ue vede Kiev come testa di ponte per sopprimere la Russia». E mentre Mosca concentra decine di migliaia di soldati per la nuova offensiva, il presidente russo Vladimir Putin ha visto il cancelliere austriaco Karl Nehammer. «Non è stato un incontro amichevole», ha fatto sapere la cancelleria di Vienna citata dal giornale online Kronen Zeitung, parlando di un colloquio «molto duro e franco». Nehammer, dopo il bilaterale, ha detto di non essere ottimista per quanto riguarda l'offensiva russa nell'est dell'Ucraina, dove si sta preparando «un attacco brutale e massiccio», e poi ha ribadito che lo «zar» russo «diffida della comunità internazionale», ma ha «ancora fiducia nel processo di Istanbul, negli sforzi diplomatici e nei colloqui in Turchia».

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, invece, ha commentato i progetti di Svezia e Finlandia di entrare nella Nato, sottolineando che «un ulteriore allargamento dell'Alleanza Atlantica non contribuirà alla sicurezza nel continente europeo». E sulle affermazioni del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, secondo cui la Cina pone «una sfida sistemica» alla sicurezza nazionale delle «democrazie», il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha chiesto che si astenga «dal tentativo di destabilizzare l'Asia o il mondo in generale». La Nato dovrebbe smettere «di diffondere osservazioni false e provocatorie» contro Pechino, ha proseguito, spiegando che «ha già causato il caos in Europa», a partire dall'Ucraina, e ora «non tenti di farlo in Asia o nel mondo».

Sull'altro lato dell'Atlantico, intanto, il presidente americano Joe Biden ha parlato virtualmente con il primo ministro indiano Narendra Modi per chiedere al gigante asiatico di prendere una posizione di condanna contro la Russia per l'invasione dell'Ucraina, e fermare subito le importazioni di petrolio da Mosca in linea con le sanzioni internazionali. I due leader hanno avuto una conversazione «molto costruttiva e produttiva», ha spiegato la Casa Bianca. L'amministrazione Usa sta anche valutando come Washington possa o debba collaborare ad un'indagine sulle atrocità russe da parte della Corte penale internazionale dell'Aia.

Secondo quanto riferito da fonti informate al New York Times, la Casa Bianca vuole «fortemente» vedere Putin e altri nella sua catena di comando militare rispondere dei loro crimini, e molti ritengono che il tribunale sia l'organismo più adatto a raggiungere questo obiettivo.

Tuttavia, due leggi varate negli Stati Uniti nel 1999 e nel 2002 limitano la capacità del governo di fornire supporto alla Cpi. Al momento l'amministrazione, e in particolare il dipartimento di Stato, sta raccogliendo prove dei crimini commessi dalle forze di Putin, ma non è ancora chiaro come saranno poi utilizzati questi rapporti.

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