"Fiere di loro": la battaglia delle mogli dell'Azov

Per le donne, i loro mariti sono eroi che difendono l'Ucraina dall'invasione russa, anche a rischio della vita

Le mogli dei volontari dell'Azov
Le mogli dei volontari dell'Azov

Combattere contro la propaganda russa, che si annida anche nei Paesi d’Europa. È questa la personale battaglia condotta dalle mogli dei volontari dell’Azov, il battaglione impegnato a resistere nell’acciaieria di Mariupol, in Ucraina. Le donne hanno fatto un viaggio lungo per arrivare in Italia, ma non si perdono d’animo. Oltre alla preoccupazione per le sorti dei loro mariti, ci tengono a sfatare un luogo comune che fa male più dei bombardamenti. “I nostri uomini – hanno dichiarato al Corriere della Seranon sono neonazisti, stanno resistendo nell'acciaieria ma il tempo stringe”. A guidare le mogli dei soldati dell’Azov è Kateryna Prokopenko, 27 anni, compagna di Denis Prokopenko, il volontario a capo del battaglione ucraino.

Il presidente della Russia Vladimir Putin ha additato da tempo i componenti dell’Azov come neonazisti, ma le loro compagne non ci stanno e hanno rispedito al mittente queste accuse. Per le giovani donne quegli uomini sono eroi che difendono il loro Paese, anche a rischio della vita. “So che potrei non rivederlo mai più – ha detto Kateryna riferendosi al marito Denis – se succederà non sarà per niente, si saranno sacrificati per l’Ucraina. Questa sarà l'unica consolazione”. Insieme a Kateryna Prokopenko sono arrivate a Roma Yulya Fedosiuk, 29 anni, Anya Naumenko, 25 anni, e Andrianova Olha, 31 anni. In comune hanno i mariti asserragliati in difesa dell’acciaieria di Mariupol, diventata il simbolo della resistenza ucraina.

Al loro fianco c’è il fondatore del giornale Mediazone, Pyotr Verzilov, che è dovuto fuggire dalla Russia, dopo un tentativo di avvelenamento per poter raccontare la guerra. Il giornalista-editore sta registrando i fatti salienti del conflitto per produrre un documentario, in cui saranno presenti anche le mogli dei volontari dell’Azov. Il loro scopo principale è scrollare di dosso ai mariti l’etichetta di neonazisti. “Se difendere il proprio Paese da aggressioni esterne – hanno spiegato più volte – significa essere nazionalisti, allora sì, Denis è un nazionalista: come puoi dirti ucraino se non sei disposto a salvare il tuo Paese fino alla morte? Ma nazista no. Nel reggimento ci sono anche ebrei. Nazista è l'espansionismo di Putin”.

Secondo Kateryna, anche in Italia la propaganda monta sempre di più. A Roma, le donne ucraine si sono imbattute in manifesti che condannano il battaglione Azov e hanno potuto saggiare di persona i discorsi dei tanti politici filo russi.

Ma loro non si arrendono; presenziano in televisione e rilasciano dichiarazioni per difendere l’onore dei loro mariti che rischiano di non vedere più, dato che potrebbero morire in quella acciaieria che proteggono con i denti e le unghie.

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