Partiti Populisti, in Europa dal 1998 a oggi hanno triplicato le preferenze

Una ricerca del The Guardian ha studiato l'evoluzione delle formazioni populiste attraverso i dati elettorali degli ultimi 20 anni. Le cause del loro consenso? La crisi economica e l'emergenza migratoria

Partiti Populisti, in Europa dal 1998 a oggi hanno triplicato le preferenze

Preferenze più che triplicate, in 20 anni. Una parabola che ha fatto in modo che, dal 1998 a oggi, entrassero in diverse coalizioni di governo di 11 Paesi europei. Spesso evocate in Europa come fantasmi, le formazioni populiste hanno intensificato la loro presenza. In particolare, dopo la crisi migratoria che ha colpito i paesi più esposti, come l'Italia e la Grecia.

Lo ha attestato una ricerca condotta dal The Guardian, e ripresa da Il fatto quotidiano, che con l'ausilio di una squadra di 30 politologi, ha studiato l'evoluzione di questi partiti. E secondo questo studio, oggi, il 25% degli aventi diritto di voto, in Europa, sarebbe pronto a dare la sua preferenza a uno di questi movimenti.

Che cosa si intende per "partiti populisti"

La ricerca, guidata da Matthijs Rooduijn, docente di Sociologia Politica all'Università di Amsterdam, ha per prima cosa definito che cosa si intenda per "partito popoulista". Ovvero, tutte quelle formazioni che tendono a "dividere la popolazione tra le masse, definite virtuose, e le élite corrotte", facendo una distinzione tra quelli di destra, di sinistra e quelli non collocabili su quest'asse politico. Il team ha poi studiato la loro evoluzione, prendendo in esame i risultati elettorali degli ultimi 20 anni in 31 Paesi europei.

Crescita costante suddivisa per aree

L'ascesa risulta costante e può essere divisa per aree geografiche. Il primo esempio, con successo elettorale, ha riguardato il Partito della Libertà austriaco, fondato nel 1956 da ex sostenitori del nazionalsocialismo tedesco che, nel 1994, riuscì a ottenere il 20% delle preferenze alle elezioni. Il movimento ha continuato a crescere e, attualmente, fa parte della coalizione di governo con il Partito Popolare. Tempo dopo, i populisti si sono diffusi anche in Svizzera, Norvegia, Italia e Francia.

L'ascesa dopo il 2000

Ma è dopo il 2000 che i movimenti, sia di destra che di sinistra, si sono espansi, affermati e hanno iniziato a ottenere maggiori consensi. In particolare nei Paesi Bassi, in Francia, in Gran Bretagna. Fino ad arrivare nell'Europa dell'Est. Ad acutizzare il successo, come prevedibile, la crisi economica e l'austerità. Ma anche e soprattutto la migrazione. Che tra il 2014 e il 2015 si è trasformata ed è stata percepita come una sorta di emergenza. La consacrazione di queste formazioni è arrivata anche in Germania.

Vittoria e leadership del populismo

In Italia, dal 4 marzo, il governo è a doppia guida populista, con Lega e Movimento 5 Stelle alleati. Ma tre anni prima, sull'altra sponda del Mediterraneo, era stata la volta della Grecia, con la vittoria di Syriza. Notevoli anche i numeri del Front National di Marine Le Pen, dell'ascesa veloce di Alternative fur Deutschland, dei Democratici Svedesi o di Podemos, in Spagna. Ma soprattutto i governi nazionalisti di Polonia e Ungheria. Dal 1998 al 2018, secondo quanto rivelato dallo studio, si è passati dall'avere 12,5 milioni di europei che vivevano in un Paese in cui almeno un membro del governo apparteneva a un partito populista a 170 milioni.

Le ragioni dell'ascesa

Secondo i ricercatori i motivi sarebbero due. Uno più legato alla situazione economica, sociale e politica. E l'altro legato alle migliori capacità comunicative dimostrate dai populisti. E dai suoi leader. Il crollo finanziario del 2008, il conseguente disagio sociale e le migrazioni hanno creato un malcontento tangibile. A facilitare la crescita dei movimenti populisti di sinistra le tematiche economiche, mentre a incentivare quelli di destra i fenomeni dei migranti. Che hanno fatto in modo che le formazioni neonazionaliste e xenofobe crescessero velocemente.

La "ricetta" del populismo

I movimenti populisti hanno intercettato, negli anni, il problema e più abilmente di altri, facilitati anche dall'incapacità di offrire risposte concrete dei partiti definiti "tradizionali", hanno sponsorizzato le loro politiche. Proponendo soluzioni immediate, almeno sul piano comunicativo. Secondo la ricerca, la strategia utilizzata è quella della polarizzazione, tra il popolo, appunto, perenne vittima del sistema, e gli altri, i politici o le élite corrotte, che detengono il potere. Il messaggio si è diffuso molto più velocemente grazie all'utilizzo dei social network e dei nuovi media. Più "permeabili" di altri "alla facile diffusione delle emozioni".

Dove inizia la discesa

Anche se negli ultimi 20 anni il loro consenso è aumentato, ci sono casi in Europa che dimostrano l'inizio della parabola discendente di questi movimenti. Succede in Gran Bretagna che, nel 2016, al referendum per l'uscita dall'Unione europea, ha votato per uscire ne che oggi sembra aver cambiato idea. Lo Ukip, partito populista guidato da Nigel Farage e tra i promotori del "leave", in poco tempo ha perso oltre tre milioni du voti e tutti i suoi rappresentanti in Parlamento.

Anche Syriza, formazione vittoriosa tre anni fa e a capo di una coalizione anti-austerity, oggi è sotto il 20%, a 10 punti di distacco nei sondaggi da Neo Demoktatia. Qualche calo anche tra i Veri Finlandesi, che dividendosi hanno perso circa la metà dei consensi, e nel Partito Popolare danese.

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