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Romania, quei 770 bambini disabili uccisi durante la dittatura comunista

La Procura rumena ha avviato un'inchiesta sulla morte per maltrattamenti di almeno 770 bambini disabili. Tra bagni di acqua gelida, camicie di forza, malnutrizione e dosi eccessive di medicinali, il Centro per la memoria dei crimini del comunismo parla ora di un vero e proprio "genocidio".

Romania, quei 770 bambini disabili uccisi durante la dittatura comunista

Dosi eccessive di tranquillanti e altri farmaci, bagni di ghiaccio, camicie di forza, maltrattamenti continui, sia fisici che psicologici: in Romania, migliaia di bambini disabili - in teoria sotto la tutela dello Stato durante il periodo comunista - hanno subito questo orrore quotidiano. Ora, la procura rumena ha deciso di intraprendere indagini dettagliate per riuscire a scoprire la natura della morte di almeno 771 bambini, e se queste morti siano state causate da negligenze e maltrattamenti da parte degli operatori dei centri in cui erano ricoverati questi bambini.

Il centro pubblico che indaga sui crimini del comunismo in Romania (IICCMER) ha presentato nei giorni scorsi una prima denuncia circa le cattive condizioni dei bambini ricoverati in alcuni ospedali del Paese, Cighid, Păstrăveni e Sighetu Marmatiei, ma sono solo tre dei ventisei ospedali in cui venivano internati i bambini con disabilità mentali. E se solo in tre di questi ospedali i morti sospetti sono almeno settecento, il fatto che manchino ancora indagini accurate su altri ventitré centri, lasci credere che ci si trovi di fronte a numeri molto più alti, forse arrivando addirittura a diecimila vittime.

La denuncia dell’IICCMER è diretta contro un centinaio di persone, dai dirigenti e infermieri ai responsabili politici che hanno permesso che tutto ciò avvenisse negli anni tra il 1966 e il 1989. Il regime comunista, secondo la denuncia presentata dal Centro, divideva i bambini disabili che avevano bisogno di protezione da parte dello Stato in tre categorie: “recuperabili”, “parzialmente recuperabili” e “non recuperabili”. Questi ultimi erano quelli con il più alto grado di disabilità e malati cronici. Così, mentre ai giovani delle prime due categorie erano assicurati cibo, vestiti e riscaldamento, sperando che potessero essere recuperabili come forza lavoro, come appunto era indicato nella loro "etichetta", quelli del terzo gruppo, gli irrecuperabili, erano vittime di abusi e maltrattamenti, stando alle accuse degli storici del Centro, di un vero e proprio genocidio.

Nell’inchiesta aperta dalla procura, non ci sono indizi di un piano scientifico per eliminare i bambini disabili, ma si segue, per ora, soltanto la pista degli abusi e dei maltrattamenti: accuse comunque gravissime, ma che escluderebbero l’idea di un progetto all’origine di eliminazione dei disabili. La procura rumena si sta concentrando in particolare sulla scarsa igiene, sull’imposizione di una dieta poverissima, sulla mancanza di cure mediche adeguate e sul totale isolamento dall'esterno: tutti tratti della quotidianità di questi centri d’internamento. E i sintomi di questi maltrattamenti si possono individuare anche nelle cause di decesso dei tre ospedali da cui è partita la denuncia penale. Nei centri di Cighid, Păstrăveni e Sighetu Marmatiei, la maggior parte dei bambini è morta per broncopolmonite, segno che le condizioni di vita fossero terrificanti. Molti altri sono invece stati certificati come vittime di epilessia, ammesso che fosse davvero quella la causa.

Uno dei pochissimi sopravvissuti a questa tragedia, Izidor Ruckel, ha spesso raccontato quello che avveniva in questi “ospedali”, ed è diventato nel tempo il paladino della battaglia per la memoria delle vittime innocenti del regime comunista rumeno. I suoi ricordi sono alcune fra le fonti primarie più importanti per comprendere la realtà di questi centri, e sono state le sue denunce a squarciare per la prima volta il velo di oblio che è stato messo più volte sopra questa tragedia umanitaria. Ruckel, ricoverato nell’ospedale di Sighetu Marmatiei, ha raccontato più volte delle atrocità cui erano sottoposti i ragazzi, in particolare le dosi eccessive di medicine e di calmanti e i lavaggi collettivi in vasche di acqua gelida e sporca, con gli infermieri e i direttori del centro che formavano una rete di omertà che ha nascosto il problema per anni. Ora, con questa denuncia penale, il Centro per la memoria dei crimini del comunismo ha aperto finalmente la strada a una vera e propria indagine penale, cui collaboreranno gli stessi storici dell’istituzione, che hanno già da mesi avviato indagini scientifiche e di ricerca della documentazione, ora messa a disposizione della Procura.

La speranza è che dopo decenni dalla caduta del comunismo si possa far luce, finalmente, sulle vittime innocenti di uno dei regimi più oscuri della storia dell’Europa Orientale.

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