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Incinta e sbranata dai cani, il fidanzato difende il molosso sotto accusa

Sbranata dal branco di cani da caccia mentre è a passaggio nei boschi ma ora è il suo cane a rischiare di essere abbattuto. In Italia, scende in campo l'onorevole Brambilla: "Nessun cane è responsabile della morte di una persona"

Incinta e sbranata dai cani, il fidanzato difende il molosso sotto accusa

Assalita e poi sbranata da un branco di cani. È morta così Elisa Pilarski, 29 anni, incinta di sei mesi, lo scorso 16 novembre 2019. Ora, il suo cane, un american staffordshire di nome Curtis, rischia di essere abbattuto in quanto sospettato dell'aggressione. Ma per Christophe Ellul, fidanzato della donna, non è stato il molosso ad uccidere la compagna: "Trovate la verità, - chiede agli inquirenti - in onore di Elisa e di Enzo, il nostro bambino che sarebbe dovuto nascere tre mesi dopo".

L'aggressione

È pressapoco l'ora di pranzo quando Elisa decide di portare Curtis a fare una passeggiata nei boschi di Saint-Pierre-Aigle, una graziosa cittadina immersa nel verde distante alcune decine di chilometri da Parigi. Attorno alle ore 13.19 chiama il suo compagno dicendo di essere minacciata da un branco di cani. Allarmato dalla telefonata, Christope si precipita dall'aeroporto di Roissy, dove lavora, in soccorso della findanzata. Giunto nella foresta, incrocia sul suo cammino alcuni cani salvo poi, qualche minuto più tardi, imbattersi nel corpo senza vita, con segni evidenti di aggressione animale, della giovane. A vegliare su di lei, accucciato sul terreno umido, c'è il fido Curtis. Alle sue spalle, invece, ci sono circa 30 cani da caccia.

Chi ha ucciso Elisa?

Un mistero intricato e ancora senza risposta. I cacciatori del Rallye de la passion, una battuta di caccia al capriolo, assicurano di non essere coinvolti nella vicenda e puntano il dito verso Curtis, il molosso della coppia. Christophe, invece, scagiona il suo cane da ogni eventuale responsabilità chiedendo che il fido venga risparmiato dall'imminente abbattimento. "Salvate Curtis", è l'appello del fidanzato di Elisa. "Una tragedia sfruttata dai movimenti radicali anticacci in Gran Bretagna", ribatte Guillarme Demarq, avvocato del capo della squadra di cacciatori indagato in qualità di ''testimone assistito'', riferisce il Corriere della Sera. Il pitbull, invece, è stato dapprima rinchiuso in un canile di Beauvais poi, trasferito in una struttura protetta. Ma su di lui pende la spada di Damocle più che su ogni altro. "Giudicarlo colpevole, e quindi abbatterlo, significherebbe scagionare i cacciatori", afferma il legale di Christophe.

La protesta dell'Onorevole Brambilla

La vicenda francese ha suscitato molto clamore in Italia. A difesa di Curtis si schiera l’onorevole Michela Vittoria Brambilla (Forza Italia), presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, che ha scritto all’ambasciatore francese Christian Masset. "Nessun cane può essere considerato 'responsabile' della morte di Elisa Pilarski né può, quindi, essere abbattuto per questo. Troppo comodo scaricare la colpa su un animale da compagnia per assolvere la brigata dei cacciatori. In Italia, grazie alle leggi approvate negli ultimi anni, questo non potrebbe accadere", aggiunge Brambilla.

L'inchiesta

A febbraio il procuratore Frédéric Trinh ha detto che ''Elisa Pilarski è stata uccisa da un cane, o più probabilmente da molti cani'', orientando l’inchiesta verso il branco. Per le prossime settimane sono attesi i risultati di tre perizie importanti: i test del Dna su Curtis e gli altri quattro cani di Elisa e Christophe, e sui 62 cani del branco; poi l’esame delle ferite sulla vittima e la compatibilità con le mandibole degli animali; infine l’analisi comportamentale di Curtis.

"Avevano un rapporto straordinario, è impossibile che sia stato lui ad attaccare Elisa", conclude Christophe.

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