"È una colonizzatrice": le urla in Parlamento contro la Regina

Durante il giuramento in Parlamento la senatrice aborigena Thorpe, con il braccio alzato in segno di protesta, ha definito la regina Elisabetta “la colonizzatrice”

"È una colonizzatrice": le urla in Parlamento contro la Regina

Lo scorso lunedì 1° agosto il Parlamento australiano è stato teatro di un evento piuttosto increscioso, che ha scatenato clamore e polemiche in tutto il mondo. La protagonista è la senatrice aborigena Lidia Thorpe, il bersaglio la regina Elisabetta, accusata di essere una "colonizzatrice”. Una parola pronunciata con sdegno e che riporta l’Australia a un passato relativamente lontano, ma mai dimenticato.

“Fedeltà alla colonizzatrice”

Durante la cerimonia del giuramento nel Parlamento australiano la senatrice Lidia Thorpe, appartenente al partito dei Verdi e discendente dei popoli aborigeni, ha modificato la formula di lealtà e fedeltà a Sua Maestà britannica, che è Capo di Stato dell’Australia, riservandole una parola ingiuriosa. La Thorpe si è avvicinata al banco su cui avrebbe dovuto prestare giuramento e, con il pugno destro alzato, ha dichiarato: “Io, Lidia Thorpe, giuro solennemente e sentitamente che sarò fedele e prometto totale lealtà a Sua Maestà la regina Elisabetta II, la colonizzatrice”.

Scompiglio in aula. La presidente del Senato, Sue Lines, ha imposto alla senatrice di ripetere il giuramento attenendosi alla formula canonica. La Thorpe, seppur contrariata, ha obbedito, ma non ha rinunciato a tenere alzato il braccio destro. Dopo la cerimonia, inoltre, ha scritto su Twitter: “Sovereignity never ceded”, cioè “Sovranità mai ceduta”, che è il motto con cui gli aborigeni riaffermano con vigore la loro autorità e la sovranità sull’Australia.

Il passato coloniale è vivo nella memoria di questo popolo, che ha ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1901, ma fa parte del Commonwealth ancora oggi ed è una monarchia costituzionale. Per decenni, tra la fine del Settecento fino alla tanto sospirata libertà, gli aborigeni sono stati estromessi dalle loro terre, molti di loro uccisi o costretti a subire gravi umiliazioni. Ancora oggi i loro leader sono impegnati in ardue battaglie per veder riconosciuti i diritti degli indigeni e il riconoscimento dei torti durante il periodo coloniale. A tal proposito Lidia Thorpe ha anche chiesto che la storia precoloniale dell’Australia e la sovranità degli aborigeni sul suo suolo vengano riconosciute ufficialmente attraverso un trattato.

Lottare per i diritti (ma non nel modo sbagliato)

La questione tornata alla ribalta attraverso il gesto della senatrice Thorpe è molto complicata: secondo un sondaggio del 2022, citato dal Sydney Morning Herald, gran parte degli australiani auspicherebbe un cambiamento di rotta con l’instaurazione della repubblica. Una volontà che stravolgerebbe il risultato del referendum del 6 novembre 1999, quando il 54,87% degli elettori rifiutò la possibilità di trasformare l’Australia in una repubblica parlamentare.

Da allora è passato molto tempo e le idee potrebbero essere mutate. Come ricorda Il Post, in Australia vivono circa 700mila aborigeni, ma le loro condizioni sono terribili: povertà e razzismo sarebbero le due piaghe più profonde. Un ritratto impietoso, triste, per cui servirebbero azioni urgenti e determinate.

Nonostante ciò la regina Elisabetta potrebbe essere definita un bersaglio fin troppo facile. È lei la discendente dei Windsor che tiene tra le mani lo scettro del potere e sul capo la corona d’Inghilterra, È ancora lei il simbolo evidente del suo popolo, della sua nazione. Dunque è sempre su di lei, sulle sue spalle che ricade il peso di un passato cruento, ma costruito da altri.

Forse per l’Australia e per la monarchia inglese l’unico modo per uscire da queste sabbie mobili potrebbe essere quello di mettere da parte il passato (non cancellare, non dimenticare, non distruggerne gli emblemi, anche perché non sarebbe né giusto, né corretto per una visione completa e imparziale della Storia), evitando il politicamente corretto foriero di insulti che forse servono da sfogo, ma non risolvono nulla e cooperare concretamente per andare al cuore del problema: risollevare le sorti degli aborigeni.

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