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In Siria i morti salgono a 86. Mosca difende Assad

Si è ulteriormente aggravato il bilancio dell'attacco effettuato ieri da presunti jet siriani con ordigni contenenti gas sul villaggio di Khan Sheikhun nella provincia siriana di Idlib

In Siria i morti salgono a 86. Mosca difende Assad

Si è ulteriormente aggravato il bilancio dell'attacco effettuato ieri da presunti jet siriani con ordigni contenenti gas sul villaggio di Khan Sheikhun nella provincia siriana di Idlib: le vittime accertate sono salite a 86, di cui 30 bambini e 20 donne. Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani aggiungendo che il numero delle vittime potrebbe ulteriormente salire perché "mancano all'appello diverse persone". A New York è in corso una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu - a livello pratico inutile - nel corso della quale la Russia ha già annunciato che, come ha sempre fatto dall'inizo del conflitto nel 2011, opporrà il veto alla bozza di risoluzione, presentata da Gran Bretagna e Francia, che condanna il regime siriano per l'azione.

La Russia difende a spada tratta il regime di Bashar Assad ed è scontro con le altre potenze mondiali al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. All'indomani dell'attacco chimico avvenuto in Siria a Khan Sheikhoun, nella provincia nordoccidentale di Idlib, Mosca avanza la sua versione dei fatti: per il ministero della Difesa il responsabile non è il governo siriano, perché le armi chimiche erano dei ribelli; precisamente la contaminazione sarebbe stata la conseguenza di un raid aereo delle forze governative su un deposito di armi chimiche dei ribelli. Tesi ritenuta poco credibile dagli Stati Uniti e dalle altre potenze occidentali. L'attacco chimico ha superato "più di una linea rossa", ha affermato il presidente Usa, Donald Trump, aggiungendo che si tratta di "un affronto all'umanità" e assicurando che con questi fatti è cambiato il suo atteggiamento verso Assad. Oggi pomeriggio si è tenuta una riunione del Consiglio Onu, convocata proprio a seguito dell'attacco: prima dell'incontro, Usa, Regno Unito e Francia avevano stilato una bozza di risoluzione, che chiedeva la condanna dell'attacco chimico e un'indagine sull'accaduto. La Russia, per bocca della portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, l'ha definita "inaccettabile", e la spaccatura nel corso della riunione è emersa in modo netto: da una parte Stati Uniti, Francia e Regno Unito; dall'altra la Russia e, in minor misura, la Cina, che in passato hanno sempre utilizzato il loro diritto di veto per bloccare in Consiglio di sicurezza delle risoluzioni di condanna relative alle violenze in Siria. A incontro finito, non è ancora stata calendarizzata un'eventuale votazione sul testo, e i diplomatici stanno proseguendo il confronto in via informale. E nel corso della riunione gli Stati Uniti, tramite l'ambasciatrice Nikki Haley, hanno ventilato l'ipotesi di un'azione fuori dal quadro Onu: quando le Nazioni unite non riescono ad agire collettivamente allora gli Stati sono "costretti a intraprendere azioni proprie", ha affermato.

Le potenze occidentali hanno puntato il dito sia contro il governo di Assad, sia contro Mosca che si ostina a difenderlo, con il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov che ha affermato esplicitamente che la posizione su Assad resta invariata. Francia e Regno Unito hanno chiesto alla Russia di smettere di proteggere il regime siriano e di appoggiare la risoluzione di condanna dell'attacco chimico. "Non c'è alcuna alleanza politica che possa giustificare il fatto di chiudere gli occhi davanti a massicce atrocità, il fatto di temporeggiare, sviare l'attenzione del mondo su altre tragedie, negare l'evidenza", ha affermato l'ambasciatore della Francia all'Onu, François Delattre, sottolineando che il veto di Russia e Cina posto a gennaio scorso a un'altra risoluzione che provava a imporre sanzioni al regime siriano per l'uso di armi chimiche ha lanciato un messaggio di "impunità". Sulla stessa linea l'ambasciatore britannico all'Onu, Matthew Rycroft, secondo il quale ieri a Khan Sheikhoun si sono viste "le conseguenze di questi veti". Mosca, dal canto suo, chiede che qualunque decisione sul possibile uso di armi chimiche in Siria venga adottata dopo una indagine "completa" sui fatti recenti.

Il vice ambasciatore russo presso l'Onu inoltre, Vladimir Safronkov, ha puntato il dito contro Obama, sostenendo che la sua minaccia di un intervento militare in Siria in caso di superamento della linea rossa dell'uso di armi chimiche abbia spinto i "terroristi" a "provare a screditare il regime di Damasco" per cercare un intervento Usa.

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