Mondo

Siria, le opzioni militari di Trump

In Siria sono presenti le forze militari di diversi paesi che operano in prossimità. Ed in quel caos ci sono quelle della Russia.

Siria, le opzioni militari di Trump

A seconda delle decisioni che Donald Trump prenderà sulla Siria nel corso delle prossime 24/48 ore, il mondo potrebbe trovarsi di fronte al più pericoloso confronto tra potenze dopo la crisi missilistica cubana. Il risultato potrebbe essere un disastro totale con una guerra aperta tra Russia e Stati Uniti.

Entro poche ore, l'amministrazione Trump prenderà una decisione su come rispondere al presunto attacco di armi chimiche avvenuto nella città siriana di Douma. Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che il Pentagono sta esaminando le prove e che tutte le opzioni sono sul tavolo. Proprio in queste ore, la US Navy sta schierando una task force di proiezione al largo della costa siriana: ciò non significa necessariamente un’opzione militare imminente.

“L’unica cosa certa è che tra 24/48 ore, la Casa Bianca avrà identificato il responsabile del presunto attacco chimico. Il Cremlino potrebbe essere colpevole. Anche il Presidente russo Vladimir Putin. Tutti pagheranno un prezzo. Russia, Siria, Iran: scopriremo se hanno agito di concerto o individualmente, stiamo osservando molto da vicino la questione. Siriani e russi dicono di non essere responsabili, ma per me non ci sono dubbi. I nostri generali lo capiranno entro le prossime 24 ore”.

Ad oggi il responsabile del presunto attacco chimico a Douma resta ignoto

Nel rapporto della Syrian American Medical Society si legge che “sabato scorso circa 500 civili, la maggior parte donne e bambini, sono stati trasportati nei presidi sanitari locali con sintomi indicativi di esposizione ad un agente chimico. L’organizzazione ha richiesto un immediato cessate il fuoco nella città di Douma e l'ingresso di squadre investigative internazionali dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche”. Tuttavia non è stata effettuata alcuna verifica indipendente del rapporto SAMS sebbene il Dipartimento di Stato USA lo ritenga credibile. Il Cremlino rifiuta l'idea stessa che a Douma sia avvenuto un attacco chimico. Lo nega con forza il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov: “Non abbiamo trovato nulla, si stanno fabbricando prove per incastrare sostanzialmente il governo siriano per l'attacco chimico”.

Siria: cosa accadrà adesso?

Segretario alla Difesa Usa James Mattis: “Non escludo nulla in questo momento. La prima cosa che dobbiamo considerare è il motivo per cui le armi chimiche sono tuttora utilizzate in Siria quando la Russia è il garante per la rimozione dell’intero arsenale”.

Il contesto siriano

Il mosaico siriano rappresenta il problema di base per gli Stati Uniti. Sul campo sono presenti le forze militari di diversi paesi che operano in prossimità. Ed in quel caos ci sono le forze militari della Russia. In qualsiasi piano d’attacco, Washington dovrà fare attenzione a non colpire le forze militari russe in un raid che potrebbe degenerare in modo incontrollato e sfociare in una guerra su larga scala.

Le opzioni militari di Trump

Il punto è capire il tipo di coinvolgimento militare degli Stati Uniti. Ad oggi nessuno dell’amministrazione Trump ha espresso interesse nel rimuovere il regime di Assad con un attacco di decapitazione alla stregua di quanto avvenuto con Saddam Hussein in Iraq. Sarebbe opportuno rilevare che qualsiasi tentativo di cambiare gli equilibri politici in Siria, imporrebbe agli Stati Uniti un maggiore impegno militare. L’esito sarebbe comunque incerto ed in Iraq non c’erano i russi.

Proprio in queste ore la US Navy sta schierando una forza di proiezione al largo della costa siriana. Il cacciatorpediniere classe Arleigh Burke USS Donald Cook (DDG-75) è in movimento. Lo scorso anno, gli Stati Uniti Navy lanciarono 59 missili Tomahawk (TLAM) contro obiettivi militari in Siria siti nella Shayrat Air Base, 25 miglia a sud di Homs. L’obiettivo era la base aerea ritenuta responsabile dell'attacco chimico contro i civili sulla città di Khan Sheikhoun. I danni furono minimi. Il raid statunitense avrebbe distrutto sei MiG-23 in riparazione, un deposito, una struttura di formazione, una mensa ed una stazione radar. La pista e le vie di rullaggio rimasero integre. Soltanto 23 missili avrebbero realmente colpito la base aerea siriana. Il destino degli altri 36 missili da crociera lanciati rimane sconosciuto. Mosca, avvisata dal raid in base ai parametri di deconfliction, ha monitorato le diverse ondate missilistiche lanciate dalle cacciatorpediniere classe Arleigh Burke, USS Ross (DDG-71) e USS Porter (DDG-78) di stanza a Rota, in Spagna. Per rateo di fuoco/tempo, all’attacco potrebbero aver partecipato anche due sottomarini di stanza nel Mediterraneo.

Il Tomahawk, attualmente nella versione Block IV, è la colonna portante dei sistemi d’arma di proiezione degli Stati Uniti fin dalla guerra del Goldo nel 1991. Nel 2014, la USS Philippine Sea dal Golfo Persico e la USS Arleigh Burke dal Mar Rosso, lanciarono missili 47 Tomahawk contro le posizioni del Gruppo Khorasan legato ad al Qaeda. La testata da mille chili e la sua capacità di colpire bersagli a mille miglia di distanza, rende il Tomahawk il sistema d’arma di precisione tatticamente preferito dal Pentagono. Resta anche quello politicamente corretto. La rotta via mare non richiede un corridoio aereo autorizzato per lo stesso principio delle rotte circumpolari dei missili strategici. Ufficialmente "il Cremlino non ha ingaggiato la minaccia Tomahawk perchè non rivolta contro le forze russe e per evitare una escalation nucleare". Da rilevare che i sistemi di difesa aerea russi in Siria sono schierati ad esclusiva protezione delle strutture e dei militari di Mosca.

Concepire un attacco contro la Siria

Un piano d’attacco dipende da molteplici fattori in base agli effetti desiderati. Le forze disponibili ed appropriate devono confrontarsi con le minacce (reali e stimate) all’interno di una tempistica ottimale. Le considerazioni sul danno collaterale e gli specifici effetti delle armi desiderate che guideranno le opzioni offensive sono solo alcuni dei fattori che entrano in vigore nella progettazione degli attacchi.

Il Consiglio per la Sicurezza Nazionale, secondo prassi obbligatoria, presenta al Presidente degli Stati Uniti il ventaglio di tutte le opzioni disponibili (Blue Sky Options) per rispondere agli scenari di crisi. Ecco perché oltre alla Donald Cook, la US Navy sta schierando una Task Force in posizione d’attacco al largo della Siria. La vera forza d’attacco, qualora Trump autorizzasse un raid, sarebbe rappresentata dai sottomarini. Almeno un sottomarino a propulsione nucleare classe Ohio SSGN avrebbe ricevuto l’ordine di schierarsi in posizione d’attacco. Quattro dei diciotto Ohio, l’USS Ohio (SSGN 726) e l’USS Michigan (SSGN 727) con sede a Bangor, l’USS Florida (SSGN 728) e l’USS Georgia (SSGN 729) a Kings Bay, sono stati riconvertiti nel 2003 per lanciare missili Tomahawk. Sono equipaggiati con sette lanciatori verticali per missili da crociera convenzionali Tomahawk con una capacità massima di 154 missili ad unità. I circa 600 Tomahawk a bordo dei quattro SSGN rappresentano la metà della capacità missilistica convenzionale sottomarina della Marina degli Stati Uniti. L’altra metà è rappresentata dai sottomarini d’attacco classe Los Angeles, Seawolf e Virginia. Sottomarini, incrociatori e cacciatorpediniere della US Navy hanno una forza di novemila tubi missilistici compatibili con i Tomahawk. Un sottomarino a propulsione nucleare classe Ohio SSGN potrebbe lanciare in immersione tutti i suoi 154 missili Tomahawk in soli sei minuti. Se Trump optasse per una risposta militare in Siria (proprio in questo particolare contesto venutosi a creare), i Tomahawk verrebbero lanciati dalle profondità. Il motivo è semplice: i sottomarini possono avvicinarsi alle coste nemiche senza essere scoperti consentendo loro di colpire obiettivi nell'entroterra. Un gruppo da battaglia di superficie sarebbe esposto ai diversi asset russi schierati lungo la costa. I sottomarini a propulsione nucleare potrebbero lanciare l'intero carico prima di immergersi in profondità. Tuttavia quelle acque brulicano di sottomarini classe Varshavyanka. Gli Stati Uniti potrebbero anche utilizzare le piattaforme di quinta generazione come il B-2 Spirit e l’F-22 Raptor per colpire obiettivi in Siria. La loro capacità di monitorare in tempo reale il contesto discriminando la minaccia potrebbe essere utile, ma sarebbe il primo confronto diretto con gli S-300V4 e gli S-400 schierati in Siria. Il Pentagono non rischierà la vita dei piloti.

Siria: la reazione della Russia

Generale Valery Gerasimov, capo di Stato Maggiore dell’esercito russo: “Dobbiamo ancora una volta ribadire che l'ingerenza militare in Siria, dove le forze russe sono state schierate su richiesta del governo legittimo, è assolutamente inaccettabile e può portare a conseguenze molto gravi. Se le vite dei soldati russi venissero minacciate, le Forze armate della Federazione Russa sono state autorizzate ad ingaggiare i lanciatori e le loro basi”.

Lo schermo difensivo russo

Dal novembre del 2015, Mosca schiera a ridosso del porto di Tartus una flottiglia operativa. Durante le prime fasi dell'intervento in Siria, Mosca schierava in rotazione un incrociatore missilistico classe Slava che conferiva una copertura di 150 km a 360 gradi. Ogni incrociatore classe Slava è armato con 64 missili terra aria S-300 PMU-1/2 di ultima generazione, in grado di abbattere sia caccia che missili balistici. Oggi Tartus è protetta dalle unità in rotazione della Flotta del Mediterraneo e della Flotta del Mar Nero. A 77 km di distanza dal porto di Tartus si trova la base di Hmeymim con una doppia linea di difesa strategica mobile ed interconnessa. L’S-300/S-350 è ritenuto letale contro tutti i caccia di quarta generazione e, comunque, contro tutti i vettori non dotati di tecnologia stealth. La versione S-400, invece, è stata progettata proprio per intercettare le minacce stealth occidentali. L'S-400 Triumph (denominazione NATO SA-21 Growler) è un sistema missilistico antiaereo russo progettato per distruggere tutti gli obiettivi aerospaziali moderni ed avanzati ad una distanza massima di 400 chilometri (248,5 miglia), una gittata praticamente doppia al MIM-104 Patriot americano. Qualora venissero colpiti i siti russi, Mosca colpirebbe per rappresaglia sia le piattaforme che basi di partenza alleate in Medio Oriente ed Europa. Tali capacità sono reali.

Nelle prossime 24/48 ore il mondo potrebbe trovarsi di fronte al più pericoloso confronto tra potenze dopo la crisi missilistica cubana. Il risultato potrebbe essere un disastro totale con una guerra aperta tra Russia e Stati Uniti. Qualsiasi tipo di intervento militare in Siria, oggi, avrebbe esiti incerti e potenzialmente devastanti.

Anche John Bolton dovrebbe saperlo.

Commenti