Un uniforme da ufficiale dell’esercito del Madhi, forza paramilitare irachena, sfila solitaria e solenne sul marciapiede bagnato dalla brina di Georgetown, quartiere d’ambasciate che dista appena qualche isolato dalla Casa Bianca.
Ad indossarla è un certo Albrecht Muth. Personaggio singolare e inquietante, che adora abbinarla a un frustino da cavallerizzo e lunghe tirate di sigari cubani. Chi lo guarda dalla finestra non sa se deriderlo o rispettarlo. Del resto, nell’appartamento che divide con una moglie novantenne, nota giornalista, entrano ed escono personalità talmente “eminenti” - attachés iracheni compresi - da lasciar pensare che quell’uniforme non sia soltanto il vezzo di un folle.
Sono i primi anni duemila, e nella sala da pranzo seminterrata di quella casa in perfetto stile continentale, sono soliti cenare consoli di prima nomina (che poi sarebbero divenuti ambasciatori di Stati strategici durante l’amministrazione Obama), giornalisti ed editorialisti delle maggiori riviste letterarie dell’East Cost, vecchi cortigiani di Kennedy ed eminenze grigie della politica sommersa come l'ex capo di gabinetto Dick Cheney. Tutti lì, lieti di strare rinchiusi nel piccolo bunker enogastronomico che quel giovane e affascinante signor nessuno aveva fondato nella magione lievemente decaduta - come tutte le case vissute dagli anziani - di Viola Herms Drath: giornalista affermata con amicizie importanti che aveva ceduto alle prolungate avances da perfetto Don Giovanni di un uomo che aveva ben 44 anni meno di lei. Un giovanotto che avrebbe rivelato l'adorazione per gli abiti sfarzosi, sui quali spiccavano farfallini esagerati; e che sotto la montatura tartarugata di occhiali tipicamente wasp, nascondeva lo sguardo inquieto di un bambino intelligente, meditabondo e desideroso, che era nato in qualche landa desolata della Germania, e che per questo accendeva nell’intimo di quella donna navigata una certa dose di tenerezza.
Quando si incontrarono per la prima volta, nel 1982, Albrecht aveva 22 anni, Viola 70. La differenza di estrazione sociale e di vissuto, non impedirò però a quello stagista di riuscire ad ammaliarla con la sua notevole cultura intrisa di una certa dose d’ambizione, che poi si sarebbe rivelata soltanto implacabile bramosia di potere che darà vita a una trama da romanzo.
L'editorialista del New York Times che svelerà al mondo i segreti di questa storia assurda, racconta come il giovane Muth - non a caso -avesse scelto per quel loro primo singolare appuntamento il ristorante preferito di Henry Kissinger. Uno dei suoi idoli. Quel tipo di uomini che sarebbe voluto nascere o diventare. Perché in effetti Kissinger non era nato né ricco né ammanicato. Si era limitato a nascere. Tutto ciò che divenne fu per merito suo ( tre quarti suo, e un quarto per favore di Mr. Rockfeller: che intravide del genio in quel giovanotto ebreo scappato dalla Germania e diventato docente ad Harvard). A differenza di Kissinger però, che frequentava cordialmente anche Viola Drath, il giovane Muth dovette accontentarsi di debuttare in società sposando l’anziana vedova, e facendosi raccomandare da lei per finire a curare gli interessi di Vladimir Petrovsky: un vecchio diplomatico sovietico che gestiva l'ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra e che in passato aveva conosciuto la signora Drath.
A questo passo seguì ben presto quello di fondare nel 1999 un’organizzazione non governativa che prese il nome di E.P.G. (acronimo di Eminent Persons Group) con l’obiettivo di “connettere” e mitigare le ansie dell’élite che tra la caduta del muro di Berlino e la prima guerra del Golfo, trovavano sempre un contatto o un favore da chiedere per assecondare il proprio singolare interesse o quello del loro paese, in quel grande calderone di affari di stato che è sempre stata Washington Dc. Incontrandosi e confidandosi a margine delle cene di gala dove si potevano intravedere i veri potenti della terra. Le occasioni perfette per suggere da funzionari di gabinetto o diplomatici appena tornati da una missione in Medio Oriente qualche informazione utile. Le occasioni che permisero ad Albrecht Muth di assaggiare per la prima volta il sapore del potere e di sentirsi al posto che gli spettava nel mondo. Fin dal primo momento in cui Muth iniziò ad avere contatti più solidi con l’alta società della quale era entrato a far parte attraverso la moglie, si era ostinato a inviare email a tutti i suoi contatti per dispensare commenti e ipotesi sugli eventi focali che scandivano la politica internazionale, condendoli con i pettegolezzi che ascoltava alle sue cene - dove serviva personalmente agli ospiti piatti sontuosi della nouvelle cuosine francese. Si abbandonava a speculazioni sulle operazioni segrete, piani di generali a quattro o cinque stelle, e imbeccate rivelategli da faccendieri del Pentagono. Il ruolo di accompagnatore di una vecchia signora gli era sempre andato stretto.
Un abile affabulatore
Nel frattempo i banchetti luculliani di casa Drath proseguivano a ritmi serrati, e finivano per concentrarsi sui racconti sempre più stravaganti che il giovane Albrecht elargiva con una puntualità forsennata. Era lui l’uomo che aveva ricevuto un titolo nobiliare il giorno in cui un vecchio junker tedesco, lontano parente, cadde da un elefante in India e non volendo vedere il suo titolo estinguersi lo rese Conte di Albi. Il protagonista di storie assurde, che se raccontate con il trasporto adeguato, seduti al cospetto della gente giusta, possono addirittura essere credibili, anzi, rimangono avvolte in un velo di esotico mistero. Qualcosa che porta la mente al Talento di Mr. Reply, delizioso thriller psicologico scritto da Patricia Highsmith nel quale finiamo per trovare un epilogo simile.
Una volta raccontò di aver piazzato per conto dell'intelligence tedesca - un altro suo zio ne era stato a capo - una microspia nel bagno della segretario di stato durante la presidenza Clinton (Madeleine Albright). Un’altra di un aver trascorso un passato avventuroso e indicibile mentre era arruolato nella Legione Straniera francese. Un'altra ancora della sua linea diretta per parlare notte e giorno con Kofi Annan, segretario delle Nazioni Unite e Nobel per la pace. Quando era in Iraq, ospite in quella che chiamava Villa Zharatustra, dispensava informative classificate al dipartimento di Stato americano; e nel frattempo alle fazioni in rivolta che si confrontavano a Baghdad della seconda Guerra del Golfo. Fu proprio allora, per meriti “ottenuti sul campo”, che sarebbe tornato negli Stati Uniti con la divisa e i gradi da alto ufficiale dell’Esercito iracheno: brigadier generale Albrecht Muth. La stessa che avrebbe indossato durante una cerimonia ufficiale per commemorare i caduti nel cimitero militare di Arlington. La stessa che indurrà alcuni membri dell’ambasciata irachena - inquietati dalla sua proposta di organizzare un negoziato di pace tra talebani, curdi e sadristi - a chiedere all’Fbi di avviare un indagine su quell’uomo che sembrava aver indossato un’accozzaglia di "vecchi cimeli dell’esercito iracheno e giordano" e che straparlava di cose che poteva aver letto sui giornali, aggiungendovi una disinvolta dose di fantasia pretenziosa. Compreso l'aver creato una rete d'intelligence per Saddam Hussein.
La tecnica del Conte di Albi
Chi finiva per sedersi alla tavola del Conte di Albi, al secolo Albrecht Gero Muth, spesso lo faceva solo dopo aver letto la lista degli invitati: "Se ci sono loro perché non dovrei esserci io". Era quello in concetto. Così ambasciatori, ex ministri di potenze del Vecchio Continente, funzionari d’intelligence e giornalisti si ritrovano a gustare anatra all’arancia e a confessare segreti e opinioni a quel "signor nessuno" che era entrato nel club dei potenti per merito della sua anziana moglie. Tutto ciò aveva gonfiato a dismisura il suo ego. I nomi che comparivano intorno a Muth erano stati capaci di spingere George Soros ad elargire finanziamenti. Lo avevano portato a ricevere la completa attenzione dell’ex segretario di Stato Robert McNamara; ad attirare l’attenzione del nipote di Gandhi, che finì col volare a Washington per rendersi l’ennesima e ingnara “esca” da pesca grossa per altre personalità illustri ed eminenti da far “agganciare” al Conte. Astuto ideatore di un nuovo "schema Ponzi" da applicare all'alta società.
Un epilogo da romanzo
L’idillio iniziò però a interrompersi quando alcune delle sparate di Muth iniziarono a risultare esagerate e a tratti intollerabili. Soros, il grande filantropo ungherese, smette di finanziare la sua ong. Gli iracheni, che prima lo ritenevano una sorta di “mascotte”, smettono di accoglierlo e avvertono ii federali. Sua moglie, dopo un feroce litigio, lo allontana. Così l’epopea trionfale del signor nessuno iniziava a vacillare. La sua reputazione a scricchiolare. Qualcosa non tornava nei suoi racconti, nelle date, negli incastri, negli indirizzi dei fax dai quali inoltrava ossessivamente dossier da controspionaggio che nessuno aveva mai richiesto. La sua nicchia di “persone eminenti”, nei quali un tempo erano entrati a far parte l’ex primo ministro francese Michel Rocard e l'attuale primo ministro del Pakistan Imran Khon, si dirada. Sono tutti infastiditi dalle sue versioni incongrue. Gli amici più stretti di Viola preoccupati dalla sua personalità bipolare che lo porta, sempre più frequentemente, ad avere violente discussioni con quella moglie ormai novantenne, disillusa, ridotta ad una pedina impotente e raggirata nel corso dell'ascesa del suo giovane amante. Una moglie che ha finito per ricoprire il ruolo di madre. Prima ancora di scoprire una bruciante verità: Albrecht è gay.
Nel settembre 2010 il Dipartimento di Stato riceve un fax anonimo contenente informazioni di qualcuno che si spaccia per una "talpa" interna a Wikileaks. Il contenuto del fax viene ignorato, ma per una questione di pure protocollo, alcuni investigatori contattano il numero collegato all'indirizzo. Dall'altra parte del filo risponde una donna anziana e ignara: è Viola Drath, che non può fare altro che ipotizzare la responsabilità di suo marito in quella ennesima "trovata". Dubitando di nuovo dei racconti di Albrecht. Già due anni prima infatti, alcune telefonate ricevute dal marito che stava svolgendo rischiose operazioni d'intelligence nell'Iraq scosso dai bombardamenti e al centro della guerra civile, provenivano dal numero di un motel a Miami. Motel dove i registri mostreranno in seguito che Albrecht Muth che era stato impiegato come facchino dal 2006 al 2008. Questa e altre rivelazioni finiscono per essere motivo di altre discussioni nella "strana" coppia di Georgetown. L'ultima vedrà l'anziana moglie essere percossa a morte.
La mattina del 12 agosto del 2011 Viola Drath giace sul pavimento del bagno della casa che aveva accolto Albrecht. Ha 91 anni. È morta. La perizia del medico legale rivelerà che è stata uccisa. Strangolata. La dipartita violenta di madame Drath si tinge immediatamente di trame da romanzo noir. La notizia occupa le prime pagine dei giornali e lascia attonite tutte le firme del giornalismo che erano solite frequentare quel salotto di potenti che era diventata negli anni casa dei “nuovi” coniugi Drath. Dopo una serie di tentativi di depistaggio che tentano di coinvolgere anche alcuni contatti interni al Pentagono, Muth viene arrestato come colpevole dell'omicidio. Durante il processo si abbandonerà ad un atteggiamento degno del miglior Ted Bundy; mentre in prigione, dopo 53 giorni di digiuno, lascerà spazio ad ulteriori deliri di onnipotenza che lo vedranno sostenere nuovamente la parte di ufficiale iracheno sotto copertura con "ordini segreti", poi quella di un emissario dell'arcangelo Gabriele; fino a sostenere di essere un cammello. Gli psichiatri rimarranno sempre a un bivio, non riuscendo a determinare se l'uomo, ormai cinquantenne, fosse affetto da una malattia mentale o se stesse ancora recitando parte della sceneggiatura che aveva scritto per la sua vita inqueita.
Il giornalista che ha portato alla luce questa incredibile storia - oggi soggetto della prima regia di Christoph Waltz - ha citato il celebre lobbista Edward von Kloberg III, quale perfetto affabulatore a cui paragonare il brigadiere generale Muth: colui che curò tra gli altri gli affari di Saddam Hussein; e Craig Spence, soprannominato dal Time ”L'uomo dal nulla di Washington”. La memoria invece riporta alla mente un altro personaggio cinematografico, un altro teutone, come buona parte dei protagonisti di questa storia. Il suo nome era Erich Oswald, ma giunto alla fila per l’immigrazione negli Stati Uniti decise su due piedi di diventare Hans Karl Maria Von Stroheim, figlio di una baronessa prussiana e di un conte austriaco, cadetto dell’accademia d’armi di Vienna e decorato di guerra. Forse il generale tedesco più talentuoso che Hollywood avrebbe mai visto.
Un semplice facchino, senza il becco di un quattrino, che con suo monocolo e il suo accento tedesco ben marcato, riuscì perfino a soffiare una donna all’ambasciatore Joe Kennedy, prima di diventare regista. Un altro artista della dissimulazione, che su una menzogna ben recitata seppe costruire la sua intera esistenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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