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Turchia, tra le accuse di "golpe" parlamento al voto sull'immunità

L'opposizione accusa: una scusa per farci fuori. E minaccia: "I nostri giovani perderanno fiducia nella democrazia"

Un poster di Erdoğan affisso a Istanbul
Un poster di Erdoğan affisso a Istanbul

Quando, nel novembre 2015, la Turchia fu chiamata a tornare alle urne per le elezioni amministrative e i voti furono poi contati e resi noti, un dato apparve subito chiaro: il Mhp, partito della destra nazionalista, doveva fare i conti con una sconfitta che gli assegnava in parlamento soltanto 40 seggi.

Un dato che non solo significava avere perso un politico eletto su due, ma pure che si allungava la distanza dai repubblicani, secondo partito dopo l’Akp di Ahmet Davutoğlu e del presidente Recep Tayyip Erdoğan, anche a causa del risultato ottenuto alle elezioni da una formazione, il filo-curdo Hdp di Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ, che pure in calo manteneva il suo vantaggio e il suo terzo posto.

Quei 40 uomini del Mhp, pochi di fronte ai 317 della maggioranza, non potrebbero essere più rilevanti, oggi che l’Akp è a caccia dei numeri necessari per ottenere una modifica alla Costituzione, che gli consenta prima di tutto di cambiare le norme relative all’immunità parlamentare, e poi di virare con ancora maggior forza verso una Turchia presidenzialista, riforma osteggiata dal maggior partito d'opposizione. "La faranno sopra i nostri cadaveri", ha detto oggi il leader repubblicano.

La questione dell’immunità parlamentare potrebbe sembrare secondaria, ma non lo è. Numeri pubblicati dall’agenzia stampa Anadolu parlano di 129 parlamentari (su un totale di 550) che rischierebbero se la modifica alla Costituzione dovesse passare. Molti di questi sono politici eletti tra le fila del Hdp, che la maggioranza accusa di rapporti troppo ambigui con i guerriglieri del Pkk, con cui la Turchia si trova di nuovo a fare i conti. Nel luglio dello scorso anno è venuto meno quel cessate il fuoco imposto nel 2013 da Abdullah Öcalan, con il conseguente riaccendersi di duri scontri, soprattutto nell’area sud-orientale della Turchia.

Perché si possa arrivare a una modifica della Costituzione - oggi la prima di due sessioni plenarie del parlamento ad Ankara - sono necessari 367 voti, pari ai due terzi dell’intero parlamento. Soltanto 330 basterebbero per portare invece la norma a referendum.

Con l’Akp di Ahmet Davutoğlu, ancora in carica per pochi giorni dopo il passo indietro e le dimissioni da primo ministro, a 317 seggi (meno uno, perché lo speaker non vota), il peso del Mhp di Devlet Bahçeli non potrebbe essere più rilevante. Se le due formazioni votassero compatte e qualche voto arrivasse anche dai repubblicani (almeno una dozzina), la riforma fortemente voluta dalla maggioranza supererebbe il primo ostacolo in tranquillità.

Riforma fatta? Non necessariamente. Domenica un manipolo di dissidenti del Mhp è stato bloccato dalle forze di polizia mentre tentava di riunirsi ad Ankara per un incontro che il tribunale aveva proibito, convocato allo scopo di discutere della leadership di Bahçeli - in carica da due decenni - e di un suo possibile allontanamento dai vertici del partito, in forte crisi.

Secondo la Reuters l’abolizione dell’immunità parlamentare potrebbe passare tuttavia con ampia maggioranza, anche grazie al voto segreto e alla libertà di coscienza sulle questioni costituzionali. Attualmente i membri eletti non sono perseguibili. La polizia ha tuttavia la possibilità di preparare dossier per possibili indagini, che scattano allo scadere del mandato.

Il co-leader del Hdp ha lanciato stamattina un accusa dai toni sinistri: "Se l’immunità fosse tolta e i nostri parlamentari arrestati - ha detto - i giovani che sostengono il nostro partito perderebbero ogni speranza nel processo democratico".

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