Montecitorio? Meglio Montecatini

Non la Roma dei Cesari, non la Milano dell’industria. La degna sede dei deputati è altrove

Montecitorio? Meglio Montecatini

Avendo a lungo considerato il problema politico italiano, e la psicologia dei nostri Senatori e Deputati, mi sono persuaso che per rendere più efficiente, più rappresentativo e più consono al carattere della maggioranza degli Italiani il Parlamento, sia utile trasportarne la sede da Montecitorio a Montecatini.
Non mi muove a fare questa modesta proposta alcun personale interesse. Infatti non sono nativo di questo celebre paese, non vi posseggo alberghi, trattorie, teatri, caffè od altri locali pubblici di ristoro e divertimento, e nemmeno ville o fattorie, né vi abita alcun parente che io possa mettere a posto come portiere, segretario, guardiano notturno, netturbino, usciere, telegrafista, telefonista, dattilografa.
È indiscutibile, e non saprei chi avrebbe il coraggio di fare obiezioni, che Roma con le sue chiese, emblemi del trionfalismo cattolico; con le sue rovine di templi pagani; con i suoi musei, pinacoteche e biblioteche (anche se spesso chiusi per mancanza di personale); con i suoi palazzi e ville dell’antica nobiltà nepotistica; con le sue mura romane e medievali; con la sua campagna così adatta alle cacce alla volpe e ad altre distrazioni aristocratiche; con i pesanti ricordi dell’impero dei Cesari e di quello di Mussolini, altro non possa ispirare agli onorevoli rappresentanti della nazione che suggerimenti, oso dire, megalomaniaci, ed inclinarli, purtroppo, al clericalismo, all’imperialismo, ed al «passatismo» tanto giustamente criticati dai giovani d’oggi. Tante anticaglie e tante barbarie, sebbene siano state in parte provvidamente distrutte, ricoperte o neutralizzate dai moderni costruttori con opportuni strati di asfalto o cumuli di cemento armato potrebbero eccitare gli animi dei legislatori a disegni sproporzionati sconvenienti con la felice mediocrità pacifica che gli uomini moderni desiderano. Veramente una città come Milano, con la sua atmosfera solleticante e la sua ferrovia sotterranea americaneggiante sarebbe più adatta a suscitare nei nostri onorevoli rappresentanti una calda ammirazione per gli uomini preoccupati e frettolosi, che si sentono scambiare frasi piene di cifre e di previsti guadagni, ed offrono per le vie e per le piazze di codesta città un modello perfetto della futura megalopoli che sarà formata dall’unione di Torino, Milano, Genova. Ma ciò non ci è consentito dalla eccentricità della metropoli lombarda e dall’immancabile reazione delle altre città della nostra penisola divise sempre fra di loro, ma tutte unite nei timori di un’egemonia ambrosiana.
Non resta altro, secondo il mio modesto giudizio, che la sede di Montecatini, la quale non susciterebbe alcuna gelosia per la piccolezza del «loghicciolo» - come si diceva al tempo del Machiavelli. Montecatini non ha mai avuto contese, non ha aspirato a nessuna preminenza se non per le proprie acque purgative. Se si trovasse un posto più confacente alle abitudini dei nostri onorevoli rappresentanti, o più simbolico della nostra vita nazionale, sarò pronto a dichiararmi vinto e ad appoggiare la nuova proposta. Ma sono convinto che nessun luogo possa rispecchiare meglio le necessità cardinali dei nostri legislatori, scelti, come ognuno sa, per via di immacolate elezioni. In nessun luogo potranno meglio compiere le loro funzioni che in Montecatini, celebre per la sua buona cucina e per il suo prestigioso evacuare, così utile a mantenere la salute del corpo e la quiete dello spirito.
La piccola città è linda, tranquilla, ordinata, e non fu rovinata da costruzioni spettacolose e vistose. Un buon senso toscano l’ha preservata dai grattacieli e dalle gallerie. Vi si cammina con sicurezza, nessuna automobile o motocicletta vi si diverte a dar mostra della propria velocità. Ad ogni angolo di via ci sono indirizzi di dottori pronti a dare consigli per qualunque afflizione del corpo o della mente. Abbondano i ristoranti per tutti i gusti e per tutte le borse. I prefetti che preparano le elezioni, gli importatori che hanno bisogno di una licenza illecita, i professori che desiderano un trasferimento non consentito dai regolamenti, gli imprenditori che vogliono un contratto più redditizio del legale, gli ambiziosi di provincia che non possono vivere tranquilli se non sono cavalieri o commendatori, i clienti dei deputati e dei senatori che vengono a chieder la ricompensa per l’aiuto che hanno fornito nelle elezioni, e insomma tutti i faccendieri, i manipolatori della opinione pubblica, i roditori del denaro dello Stato, gli avventurieri della politica, gli sciami di vespe e di calabroni del giornalismo che hanno bisogno di scandali per vivere in lusso e con poca fatica, tutti questi parassiti potrebbero trasferire le loro, per modo di dire, attività in Montecatini.
Sarebbe il grande omaggio alla uguaglianza democratica: tutti uguali davanti alla legge. Il grande Tempio Stercorario rammenterebbe a tutti l’uguaglianza umana. Davanti a lui, evocato dalle acque purificatrici, Eccellenze e Travetti si riconoscerebbero uguali. Mio padre, quando era in vena d’umore, e mi vedeva esaltato davanti a una bella signora, diceva: Ricordati che anche Beatrice e Laura andavano al cesso.
Così i nostri Capi, le Guide d’Italia, i Rappresentanti del popolo potrebbero dire di essere al loro posto; al posto che corrisponde alle loro idee.


Però, però, temo assai che il Municipio di Montecatini, retto da furbi toscani, gentil paese, città ordinata (mi dettero una multa per parcheggio abusivo, sebbene fosse soltanto l’errore di un forestiero), gente svelta e senza falso ossequio, mi avvertirebbero che non desiderano avere il Parlamento come stabile dimorante; i parlamentari, sì. Ma l’Assemblea no. E sarei il primo a dargli ragione.

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