Maranello - «Io presidente della Ferrari a vita? Se ci saranno le condizioni fisiche spero proprio di sì. Ho sempre detto che, insieme alla mia famiglia, la Ferrari rappresenta la cosa più importante della mia vita. E poi, una volta concluso il mandato alla Confindustria, spero di tornare a essere più presente a Maranello, fermo restando l’impegno in casa Fiat». Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fiat e della Ferrari, il 31 agosto prossimo compirà 60 anni, la stessa età del Cavallino rampante festeggiato in questi giorni a Fiorano da clienti e appassionati provenienti da tutto il mondo.
Al giro di boa del sessantesimo, la Ferrari si appresta anche a cambiare volto: nelle prossime settimane sarà infatti svelata la nuova organizzazione aziendale, impostata sulla razionalizzazione delle varie direzioni. In pratica, secondo quanto è trapelato, le divisioni vendite e sviluppo del brand saranno unificate, allo scopo di consentire una visione del mercato a 360 gradi. Jean Todt e Amedeo Felisa, rispettivamente amministratore delegato e direttore generale, manterranno gli stessi incarichi e si occuperanno della gestione dell’azienda, ma con il francese ancora più focalizzato sulla Formula 1.
Michael Schumacher avrà un ruolo dirigenziale nella «nuova» Ferrari?
«No - risponde Montezemolo al Giornale -: con noi manterrà il ruolo di consulente. Non assumerà incarichi manageriali».
E il giovane Enzino, figlio di Piero Ferrari e nipote del mitico Drake? C’è qualcosa in serbo per lui?
«Non oggi. Lo scorso anno ha fatto gli esami di maturità. È vero che ha un nome che incoraggia. Ma le persone devono essere introdotte nel momento in cui hanno delle competenze».
Montezemolo, chiusa la presentazione della vettura celebrativa, una 612 Scaglietti prodotta in solo 60 esemplari, ovviamente già tutti accasati, parla anche della cabina di regia del Lingotto: «Si è creata una squadra estremamente bilanciata ed equilibrata - precisa, quasi a sgomberare il campo dal rincorrersi di voci su possibili passaggi di consegne al vertice del gruppo - con Elkann che segue l’Ifi, Marchionne responsabile operativo e il sottoscritto alla presidenza».
Soddisfatto, dunque...
«Ognuno ha il suo ruolo, siamo complementari. Ma c’è soprattutto la costanza di mantenere tutti gli impegni presi, sia con il mercato sia per quanto riguarda le quote di mercato».
Intanto, grazie al giudizio di Fitch, il Lingotto ha ritrovato l’«investment grade»...
«È un importante riconoscimento del lavoro svolto, della solidità dei progetti e dei risultati ottenuti. Sono felice di vedere i frutti degli sforzi compiuti. E poi c’è il recente accordo, importante anche in prospettiva, con il gruppo DaimlerChrysler. E altre importanti intese stanno per arrivare».
Il vostro socio Ratan Tata non disdegnerebbe di diventare azionista della Ferrari, anche con una piccola quota...
«A Tata dico no, con tutto il rispetto e l’affetto che nutro per lui. E lo stesso vale anche per il mercato: nessuna fetta della Ferrari andrà in Borsa».
E il 5% nelle mani del fondo Mubadala?
«Rimane un investimento di tipo industriale, legato allo sviluppo del parco tematico ad Abu Dhabi (lunedì è in programma a Maranello una riunione sullo stato di avanzamento dell’iniziativa: definito il progetto, i lavori di “Ferrariland” sono già stati avviati, ndr). Il giorno che si cambiasse idea, quel 5% della Ferrari non andrà sul mercato, ma prenderà la via di Torino».
Il «500-day» è sempre più vicino....
«Sono entusiasta. Insieme a Marchionne ho visto la gamma dei colori.
Come sta vivendo il caso sollevato da Margherita Agnelli?
«Sono dispiaciuto, ma è una vicenda che riguarda la famiglia e non l’azienda. Non faccio commenti».
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