Montezemolo detta dieci punti al governo

Nucleare, governabilità, grandi opere: il programma di Confindustria sembra quello del Pdl. Ma sulle tasse...

Montezemolo detta  
dieci punti al governo

Milano - Mentre l’ex compagno «Uolter-Si può fare-Veltroni» imponeva ai lavoratori del Nordest il paròn Massimo Calearo come capolista del Pd - dopo aver già fatto altrettanto nel Nordovest con il «padroncino» Matteo Colaninno - il numero uno degli imprenditori italiani saliva ieri a Milano per dettare un irrituale quanto legittimo decalogo al futuro governo. Di qualunque colore esso sarà.

«Confindustria è dentro la politica, ma fuori dai partiti», ha tenuto infatti a premettere Luca Cordero di Montezemolo. Aggiungendo poi, ecumenico, di non voler dare alcuna «indicazione elettorale», ma soltanto di voler raccomandare a chiunque governerà l’Italia quelle «azioni prioritarie» che del resto, come la crescita economica del Paese, «non sono né di destra né di sinistra». Premessa corredata definendo «scelte personali» quelle fatte dai colleghi Calearo e Colaninno. E completata con un veltroniano quanto personale «ma anche»: ovvero il suo auspicio di veder candidati «altri imprenditori nel Partito della libertà e in altri schieramenti». Premessa cui ha fatto seguito la lettura del decalogo. Che se non in tutto, a ben guardare sembra avere molti più punti di coincidenza con il programma del centrodestra che non con quello dello schieramento opposto. Dieci punti che nella forma, lo abbiamo già accennato, si configurano indiscutibilmente come un atto del tutto inedito da parte confindustriale. Ma anche dieci punti che nella sostanza ripropongono temi più volte ascoltati dalle parti di viale dell’Astronomia. Perlopiù condivisibili, pur se non granché inediti.

Al primo posto Montezemolo ha messo non a caso un tema da lui già cavalcato con insistenza: la governabilità, ovvero «quella che da due anni è la priorità delle priorità». E l’ha declinata in ulteriori sottotitoli tra i quali maggiori poteri al premier, compreso quello di proporre e revocare i ministri; la riforma dello Stato nella direzione di un «vero» - lo ha detto e sottolineato - federalismo fiscale; l’abolizione progressiva delle Province e anche di tutti gli enti che ne derivano; massicce liberalizzazioni e privatizzazioni sia a livello nazionale sia nei servizi pubblici locali, cresciuti in modo abnorme; e più in generale l’auspicio di una sempre minore presenza dello Stato (con il suo collegato eccesso di tasse e regole).

Tutti cavalli di battaglia, come si vede a prima vista, che vanno a sovrapporsi decisamente meglio sui punti contenuti nel programma del Pdl, che non su quelli del Partito democratico. Sovrapponibilità che si ritrova anche alla seconda voce - il risanamento dei conti - definita da Montezemolo impossibile «senza decisivi, drastici e impopolari tagli strutturali alla spesa pubblica. Un autentico Moloch - l’ha definita il presidente di Confindustria - che assorbe il 39,6% del Pil».

Ulteriori coincidenze tra decalogo confindustriale e indirizzi programmatici del Pdl si ritrovano alla voce «lavoro», contenente tra l’altro la stessa proposta del centrodestra che mira a detassare gli straordinari; proseguono in quello relativo alle infrastrutture, in cui vengono definite «prioritarie» le grandi opere avviate dal governo Berlusconi (e affossate da quello di Romano Prodi); e si confermano infine anche là dove si parla di energia, con l’invito a «puntare sul nucleare» attraverso la costruzione di centrali sia in Italia sia all’estero, soprattutto presso i nostri confini. Impegno indispensabile e urgente per rimediare - ha detto Montezemolo - «al gravissimo errore» del referendum anti atomo di venti anni fa.

Dove però il decalogo confindustriale delude, dove pecca di eccessiva visione pro domo sua, quasi lobbistica, è sul fronte imposte. Delle quali si auspica sì una decisa riduzione, ma pensando soltanto alle aziende (vessate - ed è vero - da un soffocante total tax rate del 76% contro il 46% degli Stati Uniti).

Manca purtroppo ogni riferimento a Irpef e Ici, ovvero agli incubi del povero signor Rossi. Che se prosciugato dal fisco, con quali soldi potrà sostenere i consumi necessari a quella ripresa che sta tanto a cuore a Confindustria?

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