Monti gela Roma: "Da irresponsabili dire sì alle Olimpiadi"

Il premier affossa il sogno della Capitale per il 2020: "Non possiamo mettere a rischio i soldi dei contribuenti"

Monti gela Roma: "Da irresponsabili dire sì alle Olimpiadi"

Roma - Il no di Mario Monti affossa il progetto olimpico di Roma. Ma quando il premier, poco dopo le 16 di ieri, ha ufficializzato la sua decisione al presidente del Coni Petrucci, a quello del comitato promotore Pescante, a Gianni Letta e al sindaco Alemanno, la partita era già chiusa. Tanto che la risposta negativa del Professore («sarebbe da irresponsabili dire sì alle Olimpiadi») non è stata altro che la cartina tornasole di un feeling mai nato fra Monti e l’idea dei Giochi. Un’avventura - secondo il premier - con troppe incognite e con costi non chiari. «No a garanzie in bianco, gli italiani, anche se molti sono sportivi, non avrebbero capito», ha precisato a SkyTg24. Da qui la rinuncia, definita «dolorosa».
Dall’insediamento a Palazzo Chigi alla bocciatura di ieri, Roma 2020 aveva infatti collezionato una lunga serie di rinvii. Il rapporto di fattibilità economica Fortis-Carraro era stato «congelato» prima ancora della presentazione del 12 gennaio. Durante la quale, accanto ai toni trionfalistici, giunse come una doccia fredda la battuta del ministro dello sport Gnudi: «Un punto di spread vale tre olimpiadi».
Un segnale preciso quando ancora mancava un mese alla deadline per presentare la lettera di garanzia al Cio. Ieri, poi, sono arrivate le spiegazioni del premier: «L’Italia può e deve avere mete ambiziose, ma in questo momento non pensiamo che sarebbe coerente impegnare il paese in questa cosa che potrebbe mettere a rischio i soldi dei contribuenti, è prematuro sganciare le cinture di sicurezza». Frasi che racchiudono il senso di responsabilità di Monti.
Sul «no» del governo, fra gli altri, hanno pesato due fattori, come lo stesso Professore ha precisato: l’intento di evitare che la «percezione» positiva faticosamente guadagnata presso mercati e istituzioni Ue sia messa in dubbio («i mercati avrebbero pensato che l’Italia dopo 3 mesi di rigore si lanciasse in atti imprudenti, come una garanzia ad importo illimitato») e il «piano di rientro» molto «esigente» richiesto dall’Europa sul fronte del debito pubblico. «Non vogliamo che chi governerà l’Italia nei prossimi anni si trovi in difficoltà», l’ulteriore sottolineatura.
Così nel breve incontro (circa 25 minuti dopo un’anticamera di oltre due ore, segnale già poco incoraggiante) incastrato tra il consiglio dei ministri e il minivertice con un rappresentante del vicepremier ceco, accanto agli elogi per il progetto - definito serio e perfetto - e per i vertici del comitato promotore, il Professore ha detto chiaramente: «Tra le altre cose nella lettera di garanzia finanziaria, il governo del paese deve farsi carico di ogni eventuale deficit della manifestazione, non possiamo correre rischi».
Il suo pensiero è corso al passato, agli sprechi di Italia ’90 o dei mondiali di nuoto di Roma 2009, ma anche alle Olimpiadi degli ultimi venti anni: «So bene che in uno studio, pur autorevole e accurato, ci possono essere scostamenti molto rilevanti fra preventivi e consuntivi». E a chi gli fa notare la candidatura di Madrid, nonostante i problemi della Spagna, Monti risponde: «Non mi permetto di entrare nelle valutazioni di altri, noi dobbiamo occuparci dell’Italia e queste sono le nostre conclusioni. Vorrei che italiani e romani non leggessero la decisione come un messaggio di pessimismo, è solo per non scivolare su una buccia di banana».
«Mi aspettavo più rispetto da Monti, il no è arrivato solo alla fine», la rabbia di Petrucci. Che aveva lavorato al progetto dal 2 ottobre 2009. «È il segnale che ci abbiamo messo entusiasmo nel valutare questa cosa, ma non ci siamo riusciti con le nostre coscienze», la replica di Monti.

La sensazione è che il premier abbia voluto attendere l’ultimo giorno utile per evitare una preventiva «gazzarra» politica, puntualmente arrivata. «È un’occasione persa, ora per dieci anni non si parlerà più di Giochi Olimpici in Italia», così Pescante che intravedeva il pericolo del no di Monti sull’altare della severità e del rigore. È stato buon profeta.

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