Una fine tragica che ricorda quella di David Foster Wallace. Lartista americano Mike Kelley, uno dei più importanti e stimati del nostro tempo, è stato trovato morto ieri nella sua casa di South Pasadena. Suicida dopo un lungo periodo di depressione scatenato pare da una delusione amorosa.
Nato nellindustriale Detroit 57 anni fa, Kelley è stato il capostipite di un diverso atteggiamento dopo i fasti degli anni 80 ed è sempre stato identificato con larea creativa californiana, molto più densa e cupa di quella newyorchese. Al centro della sua poetica il senso del fallimento e la figura del perdente, come emergeva peraltro dalla musica dei Nirvana e dei gruppi grunge, ma anche dai lavori dei suoi colleghi Tony Oursler, Paul McCarthy e Jim Shaw. Con la musica Kelley ha sempre mantenuto un rapporto particolare fin dai tempi della Cal Arts a Valencia, dove, allievo di Johnson Baldessari e Dan Graham, aveva studiato con Kim Gordon, futura fondatrice dei Sonic Youth, a cui presterà una propria opera per la copertina di Dirty. È lui stesso a portare avanti il progetto parallelo di una rockband dal nome Destroy All Monsters. «Troppo giovane per essere un hippie, troppo vecchio per essere un punk», aveva dichiarato in unintervista, rivelando quella sofferenza generazionale di sentirsi né carne né pesce condivisa da molti della sua età. Ha raccontato unAmerica nera dove il sogno si era trasformato in incubo, scenari horror dominati dalla televisione, dalla merce e dalla banalità, un Paese alla ricerca di sé ma fondamentalmente cinico. Lespressione del suo essere ribelle gli giungeva più da un profondo disagio esistenziale che non dallimpegno sociale.
Difficile classificare il suo poliedrico lavoro: passava dal video allinstallazione, dalla fotografia alla scultura, tentando ogni volta di dimostrare unidea attraverso il linguaggio più adatto. È diventato molto famoso con il pupazzo di peluche usato, lesatto contrario di unarte trionfalistica e sicura, al punto che il critico Ralph Rugoff negli anni 90 parlò, a proposito di Kelley, di arte patetica, espressione di quello smarrimento delluomo dopo la fine delle ideologie forti. Non curava la confezione né leleganza dellopera, trovandosi a proprio agio in un immaginario trash e vissuto. Nonostante fosse un artista di successo era schivo e insofferente verso il sistema mantenendo il ruolo di eterno outsider.
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