Mosca si scopre violenta e razzista: sei omicidi a sfondo etnico in 7 giorni

da Mosca

Sale l’allarme razzismo a Mosca, dove nel giro di una settimana le vittime di omicidi a sfondo etnico sono state sei, quasi una al giorno. Le ultime due sono dell’altro ieri: un venticinquenne chirghiso che lavorava in un supermercato e un altro giovane azero, entrambi accoltellati a morte per strada in due differenti zone della capitale, ma sempre a sud-est, la più colpita da attacchi di questo tipo. Due omicidi che sembrano segnare una vera escalation del fenomeno, all’indomani dell’aggressione a un giovane uzbeco di 25 anni, pugnalato a morte da un gruppo di adolescenti. Appena martedì la polizia aveva assicurato un aumento della vigilanza, mentre i rappresentanti delle comunità di immigrati stranieri avevano lanciato un grido d’allarme.
Dall’inizio dell’anno le vittime sarebbero già una decina, di cui sette chirghisi. I bersagli preferiti di questi attacchi, condotti spesso da bande di giovanissimi naziskin, sono infatti proprio gli immigrati delle ex Repubbliche sovietiche, in particolare dell’Asia centrale e del Caucaso. Nel 2007 complessivamente gli omicidi a sfondo etnico sono stati 42(il 3,8% del totale) contro i 37 del 2006 e i 16 dell’anno precedente. Gli ultimi episodi si sono svolti in rapida successione. Domenica sera la polizia ha trovato a nord-ovest il corpo di un trentaquattrenne originario della repubblica di Kabardino-Balkaria, con addosso ancora il cellulare e un portafoglio con 40mila rubli, circostanza che ha portato gli investigatori a escludere la rapina e a ipotizzare la pista razzista. Il giorno precedente una banda di dieci giovani armati di coltello ha preso di mira una coppia di kirghizi: Merlan Eygeshov, 25 anni, è morto dopo essere stato colpito undici volte, mentre Abdametal Mamydov (21), è stato ricoverato in gravi condizioni all’ospedale. Giovedì scorso, invece, è toccato a un tagico, pugnalato a morte.
Secondo gli esponenti delle comunità chirghise, azere e tagiche, in Russia si alimenta il mito dell’impunibilità degli autori di delitti razzisti tentando di considerarli alla stregua di «monelli» o «teppisti» sullo sfondo di un nazionalismo sempre più pericoloso. Al tempo stesso, l’antica piaga dell’antisemitismo non conosce tramonto in Russia.

Il candidato putiniano alla presidenza della Repubblica Dmitri Medvedev, strafavorito nei sondaggi, ha ricevuto da un avversario ultranazionalista l’accusa per lui più infamante: ebreo. Non è una novità: a suo tempo lo dissero perfino di Lenin e Andropov.

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