
Sono passati 25 anni dal giorno in cui Schumacher vinse il suo primo Mondiale Piloti con la Ferrari. Era l'8 ottobre del duemila e Michael era al suo terzo tentativo vero per conquistare finalmente il suo primo titolo in Rosso dopo i due con la Benetton. A Suzuka quella sera si concesse un sigaro e una birra, forse anche di più. «Un'emozione forte come quella che ho provato quando ho tagliato il traguardo non l'avevo mai sentita - ammise Michael- È il mio terzo titolo mondiale, ma è il più bello, il più significativo: vincere con la Ferrari è stata tutta un'altra cosa. Per la storia di questa squadra, per il fatto che da ventun anni nessuno ci riusciva. Non so descrivere quello che provo, mi sento quasi un altro uomo. Arrivare fin qui è stata dura, durissima, ma non ho mai davvero pensato che non ce l'avremmo fatta».
Sarebbe bello sentire anche oggi i suoi ricordi, le sue emozioni. Invece da più di dieci anni Schumi è nascosto dal mondo in chissà quali condizioni. È bello ricordarlo sul podio di Suzuka abbracciato a Jean Todt che lo stringe con uno sguardo da innamorato che gli avremmo rivisto fare solo anni dopo con Michelle. Quella Ferrari era nata a fine 1991 quando a Maranello arrivò Luca di Montezemolo. Ci vollero otto anni per vincere il Mondiale Costruttori, nove per vincere quello Piloti che mancava dal 1979. Un record di astinenza che rischia di essere battuto visto che l'ultimo titolo Piloti è ormai del 2007 con Kimi Raikkonen. Quella Ferrari partì da zero o quasi, ma anno dopo anno, tassello dopo tassello continuò a crescere fino a diventare invincibile.
Prima arrivò Todt, poi Schumacher, Ross Brawn e Rory Byrne, il meglio sul mercato (tipo Adrian Newey, non Loic Serra per intenderci), ma tutt'attorno c'era gente che oggi comanda in Formula 1 come Domenicali, Stella, Binotto. Per capire come uscire da una crisi ogni tanto basterebbe rileggersi la storia. E non cancellarla strappando le foto dai musei.