nostro inviato
a Riscone (Brunico)
Cosa vuoi, è un classico, qui a Brunico, anzi a Riscone di Brunico, sono tutti dei piccoli Pincolini, si parla di lavoro aerobico, adattamento collettivo e miglioramento della capacità, come fra massaie ci si intende di smacchiatori. Squilla il cellulare e una signora di una certa età fa: «Sissì, sono qui a vedere i ragazzi che s'allenano... Bello, cose strane, mai viste, sissì...». Dall'altra parte magari c'è l'amica sotto il casco della parrucchiera che inizia subito a fare cenni alle altre. E una ripetuta diventa un viaggio in assenza di gravità.
Comunque tutto bene, l'Inter alla sua prima uscita ha battuto i campioni d'Arabia dell'Al Hilal, in due tempi si sono viste due squadre diverse ma sempre proiettate sul 4-3-3, schema abbastanza aggressivo e pronto a chiudersi rapido, con i due esterni dell'attacco che scalano di una ventina di metri e i tre della riga di mezzo che si stringono. Onestamente se non fosse per la grande attenzione che viene data per ogni nuova sillaba pronunciata dallo staff di José Mourinho, le analogie con l'avvento di Roberto Mancini quattro anni prima sarebbero numerose.
Sede sempre a Riscone, avversario la Selezione Marlene Brunico, era un 15 luglio del 2004, finì 9-0, tripletta di Martins e doppietta di Cruz, segnarono anche Adani, Lamouchi, Ventola e Stankovic. L'Inter faceva il 4-4-2, provò anche il rombo. Dopo mezz'ora del secondo tempo Stankovic e Recoba avevano segnalato al Mancio un leggero affaticamento, lui li tolse dal campo e l'Inter finì in nove. Su questo il vecchio allenatore ci metteva il marchio di fabbrica, sembravano provocazioni allo stato puro come quando in un derby estivo la partita finì ai rigori, lui a calciarli chiamò i ragazzi della Primavera e vinse il trofeo.
Le stranezze continueranno quando l'Inter verrà chiamata a disputare due amichevoli nello stesso giorno a migliaia di chilometri di distanza, un gruppo vola in Giappone per giocare il Saitama City Cup, l'altro è a Milano per il trofeo Tim contro Milan e Juventus. Successero molte cose in quei primi giorni, i tifosi erano eccitati. Subito dopo la prima uscita, quell'Inter è battezzata squadra spettacolo, c'è sullo sfondo un'Olimpiade che comunque non disturba, le due grandi rivali sono Milan e Juventus, Mancini vorrebbe Cesar così come Mourinho oggi vorrebbe Quaresma, c'è abbondanza in ogni reparto e qualcosa in uscita bisogna fare, davanti la grande incognita è Adriano, tutti lo aspettano e tutti ripetono: il suo potenziale è enorme. Perfino il presidente Massimo Moratti è su di giri: «Mi prendo la responsabilità di aver portato Mancini all'Inter - dice subito dopo la prima amichevole -. Vogliamo sviluppare un progetto importante, grazie a lui ho ritrovato quella fiducia e quell'entusiasmo che negli ultimi tempi mi mancavano. Da questi due fattori possono nascere tante cose positive, di conseguenza anche i risultati».
Parole benedette, potrebbero essere girate oggi cambiando il destinatario di tali apprezzamenti. Restano nel dettaglio tre scudetti, due coppe Italia e due Supercoppe, ma le analogie sono tante e José Mourihno è un professionista talmente scrupoloso che ha studiato tutto, perfino i successi del Mancio.
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