La rivoluzione iraniana è fallita. Il regime mostra ormai «le radici della tirannia e della dittatura», come ai tempi dello Scià Reza Pahlevi. È questo il durissimo giudizio del leader dellopposizione Mir Hossein Moussavi, che a pochi giorni dal trentunesimo anniversario del ritorno dallesilio dellayatollah Khomeini, torna coraggiosamente alla ribalta per accusare la deriva di un sistema di cui è stato in passato uno dei pilastri. E tutto fa credere che l11 febbraio, giorno della caduta dello Scià, sarà una nuova data calda in Iran.
«Non cè dittatura peggiore di quella esercitata in nome della religione», scrive Moussavi sul suo sito Kaleme.org. «LIran di oggi mostra una disposizione alla tirannia - si legge ancora sul sito del candidato alle presidenziali sconfitto dai brogli di Stato nello scorso giugno -, la cui più evidente manifestazione sono i ripetuti abusi del Parlamento e del potere giudiziario, nei cui confronti abbiamo ormai perso del tutto la speranza».
Le accuse al regime continuano con inusitata asprezza: «Reprimere i media, riempire le prigioni e uccidere brutalmente persone che chiedono pacificamente il rispetto dei propri diritti dimostra che le radici della dittatura sono rimaste intatte dai tempi della monarchia. Nei primi anni dopo la rivoluzione - continua Moussavi, che fu premier iraniano dal 1981 al 1989 - cera la convinzione che fossero state eliminate le strutture che possono portare alla dittatura. Anchio ne ero convinto, ma ora non lo credo più. E lopposizione popolare che vediamo oggi alla menzogna, allimbroglio e alla corruzione è leredità preziosa della rivoluzione islamica».
Mentre Moussavi avverte che lopposizione al regime di Khamenei e Ahmadinejad «non si fermerà», continua la spietata repressione dopo le manifestazioni dello scorso dicembre.
Moussavi: il regime è ormai tirannico come sotto lo Scià
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