La chiamano «Movida», è il venerdì notte nei vicoli di Genova. Quello dove si ritrovano migliaia di giovani tra i 18 e i 35 anni e che ha il suo fulcro in piazza delle Erbe. Tutto intorno, dalle 11 della sera e quasi fino allalba, è un vociare di persone, risate, passeggio. Sono anni che il centro storico è stato recuperato, almeno per quella notte a settimana: vissuto così soprattutto da liceali e universitari che, senza neanche darsi un appuntamento si incrociano tra Porta Soprana, salita SantAgostino e giù, giù a scendere fino al Porto Antico. Non più a est o a ovest di lì però. Il giro della «Movida» è rispettato in maniera quasi religiosa, eppure è solo un itinerario immaginario non segnato da nessuna guida o indicato da alcun cartello. Quasi una fede per chi il venerdì notte «vicoleggia». Tutti stretti nei «caruggi» tra locali che stanno diventando storici.
Ma il venerdì nei vicoli se è festa per chi ci gira è anche fastidio per chi ci vive. Oltre al vociare di chi, magari carico di alcol in corpo, eccede nel chiasso in passato esisteva il problema delle bottiglie di vetro che al termine della nottata creavano un tappeto sul ciottolato della città vecchia che costringeva Amiu a straordinari forzati.
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