Il braccio di ferro dietro le quinte dopo le elezioni del 29 marzo nello Zimbabwe continua. I dati continuano ad arrivare con più che sospetta lentezza, nonostante le crescenti pressioni internazionali. Ma quando ormai quasi tutti i 210 seggi del Parlamento di Harare sono stati ufficialmente assegnati, emerge un dato clamoroso e incontestabile: lo Zanu-Pf, il partito del padre-padrone della ex Rhodesia britannica Robert Mugabe, ha perso la maggioranza assoluta dopo 28 anni al potere. Al principale partito di opposizione, lMdc del coraggioso Morgan Tsvangirai, vengono attribuiti 105 seggi, a un altro piccolo partito di opposizione altri nove più un indipendente, mentre i fedeli di Mugabe sono solo 94.
Tanto è bastato a Tsvangirai per far gridare in anticipo al trionfo, e con ragione. Ma il governo parla di «pretese irresponsabili» e ricorda sinistramente che una proclamazione di vittoria fatta prima della diffusione dei dati definitivi verrebbe considerata alla stregua di un colpo di Stato. Cè poi la delicata questione parallela del voto per le presidenziali: dati ufficiali nessuno ne ha ancora presentati, ma fonti dellMdc danno Tsvangirai al 50.3%, contro il 43.8% di Mugabe.
Quello che preoccupa è levidente intenzione di Mugabe e dei suoi di non cedere il potere. «Non ci faremo condizionare da nessuno», ha detto con toni intimidatori il viceministro dellInformazione. «Lesercito è molto saldo dietro al nostro presidente e così le forze di polizia». E il portavoce presidenziale ha apertamente minacciato gli avversari politici di Mugabe: «State scivolando in un territorio molto pericoloso e spero che lMdc sia preparato alle conseguenze dei suoi atti».
Non sembra però che la prima scelta del regime sia quella di affidarsi alla forza. Sono state infatti fatte circolare delle proiezioni elettorali secondo cui alla fine sarebbe necessario un ballottaggio a tre settimane dal primo turno di votazione, quindi il 19 aprile.
Intanto la popolazione, costretta a barcamenarsi con uninflazione del 100mila per cento, aspetta e spera che almeno non scorra il sangue.
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