Muore l’alpino ferito nell’attentato di Kabul

Ancora gravissime le condizioni del maresciallo Cirmi

Raffaela Scaglietta

da Roma

Purtroppo neanche il caporalmaggiore Vincenzo Cardella ce l’ha fatta ed è morto ieri alle 12,30 nel reparto di terapia intensiva del policlinico militare «Celio» di Roma. A 24 anni, arruolato dall’agosto del 2004, nel II reggimento alpini di Cuneo, era stato colpito il 26 settembre dall’esplosione di un ordigno «improvvisato» e nascosto sulla strada, nei pressi di Chahar Asyab, a sud di Kabul, in Afghanistan. Viaggiava su un mezzo blindato assieme ad altri cinque militari quando la bomba è esplosa ed è stato travolto dalle schegge. Il colpo aveva fatto saltare in aria il veicolo dell’esercito italiano, provocando la morte del caporalmaggiore Giorgio Langella, di 31 anni, nato a Imperia.
Le condizioni di Vincenzo Cardella erano state immediatamente stabilizzate all’ospedale di campo francese di Kabul, «Role II», ma il giovane alpino aveva subìto gravi lesioni agli organi vitali e al femore ed era stato prima trasferito poi ricoverato all’ospedale militare di Roma con prognosi riservata. È deceduto per una grave emorragia causata da numerose lesioni interne. Rimpatriato d’urgenza, il 27 settembre, a bordo di uno speciale velivolo tedesco, aveva lottato con la morte per tre giorni. Ma non c’è stato nulla da fare. Accanto a lui, sin dal primo momento del suo rientro in Italia, ci sono stati la madre Teresa Sbordone e il padre Paolo, ospitati presso la foresteria dell’esercito. Sotto forte trauma, ma sempre speranzosi che il figlio potesse farcela, i genitori di Vincenzo Cardella sono stati assistiti da una psicologa dell’esercito e da un ufficiale che li ha sempre accompagnati in queste tragiche ore di passaggio dalla vita alla morte del loro unico figlio.
Vincenzo era nato l’11 novembre del 1982 a Santa Maria Capua Vetere ma era residente a San Prisco in provincia di Caserta. Celibe, ma non «single», Vincenzo era già stato inviato in missione per quattro mesi in Afghanistan nel 2005 con il Prt (Provincial Reconstruction Team) di Herat. Specializzato e addestrato nel ruolo di «esploratore», colui che parte in avanguardia, Cardella è sempre stato un operativo e mai segregato dietro una scrivania. Vincenzo Cardella aveva un cugino, Salvatore, che da sempre gli era stato vicino come un «fratello di sangue» acquisito.
Secondo fonti dello Stato Maggiore si attendono ora notizie dall’autospia ufficiale del corpo, prima di allestire la camera ardente e preparare il suo funerale.
Il ministro della Difesa Arturo Parisi ha inviato ieri un telegramma di cordoglio alla famiglia Cardella, esprimendo dispiacere per questa morte: «Unitamente al governo partecipo con profonda commozione al grave lutto che ha colpito la vostra famiglia, a nome mio e di tutto il personale delle forze armate che si stringe a voi in questo dolorosissimo momento. Il vostro Vincenzo - ha scritto il ministro della Difesa - generosamente impegnato in una missione di grande valore umanitario, rimarrà per sempre nel ricordo di chi crede nella pace e nella solidarietà fra i popoli. Vogliate accogliere l’espressione delle più sincere condoglianze».
Intanto cattive notizie giungono sia dal «Celio» che dal fronte afghano. Il maresciallo Francesco Cirmi, colpito assieme a Cardella martedi scorso, è sempre in gravissime condizioni di salute e in bilico tra la vita e la morte.


Ieri a Kabul, un kamikaze si è fatto esplodere davanti al ministero degli Interni provocando la morte di dodici persone e ferendone 42. Un comandante talibano, Mullah Hayat Khan, ha rivendicato l’attentato di Kabul di ieri al telefono da una zona indefinita. Nel 2006 hanno perso la vita in Afghanistan 2.500 persone, tra militari, volontari e civili.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica