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Renzi abbandona le imprese: italiani costretti a fare i frontalieri

Il referendum svizzero chiude le porte a 60mila frontalieri. Ma con politiche adeguate potrebbero lavorare in Italia

Renzi abbandona le imprese: italiani costretti a fare i frontalieri

Gli svizzeri hanno votato. Bene. Beati loro. In Ticino hanno deciso che i lavoratori italiani, regolari, che ogni giorno valicano la frontiera per guadagnarsi uno stipendio sono un problema per l'economia locale, abbassano gli stipendi, distorcono il mercato e via dicendo. Magari hanno torto, ma il popolo ha deciso così. E va bene.

I timori dei lavoratori lombardi

In Lombardia, ovviamente, politici, imprese e lavoratori sono preoccupati. Si capisce: per dare un'idea della portata della decisione, basti pensare che dalla provincia di Varese ogni sorgere del sole 25mila persone vanno in Svizzera per lavoro. Poi bisogna aggiungere 22mila da Como e altri tra Lecco e Valtellina. Circa 60mila famiglie che da domani potrebbero avere problemi retributivi. "Stamattina ho parlato con il presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino, Paolo Beltraminelli - ha detto Roberto Maroni - Abbiamo parlato a lungo. Ci incontreremo la prossima settimana per capire che cosa succede. Parliamo di lavoratori, non di immigrati clandestini".

Sia chiaro: l'esito del referendum non avrà effetti immediati. E forse non sarà così drammatico: gli scambi tra Lombardia e Svizzera valgono quasi 11 miliardi di euro all'anno, circa un terzo del totale nazionale (oltre 30 miliardi di euro). Un business che difficilmente sarà messo in crisi da quel 58% di elvetici che hanno - liberamente - deciso di alzare il muro a Chiasso. Ma ciurlare nel manico è da sciocchi.

Renzi aiuti gli investimenti in Lombardia

Il fatto è che l'Italia non dovrebbe avere bisogno dei soldi del Ticino. Se fossimo un Paese competitivo le imprese investirebbero in Lombardia e le frontiere non sarebbero più un problema. Da anni il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, propone al governo di firmare una legge intelligente: "L'Istituzione di una Zes (Zona economica speciale) nelle aree territoriali della Lombardia confinanti con la Svizzera". Cosa significa? Semplice: gli imprenditori che desiderano investire, avranno una tassazione agevoltata in quell'area. In questo modo potrebbero sorgere nuove industrie nel Nord lombardo, oppure rivitalizzare quelle già attive, rendendo superflua la quotidiana migrazione verso Chiasso.

Eppure la Zes è chiusa nei cassetti del Parlamento da due anni. Due. Cioè da quando ancora il referendum svizzero era solo un sogno irrealizzabile: la Lombradia era stata previdente; Governo e Parlamento no. E ora ne pagheremo le spese. Anzi, ne soffriranno quelle migliaia di frontalieri investiti dall'elvetico grido "Prima i nostri".

Forse servirebbe che almeno per una volta anche il governo italiano si adoperi a pensare "prima a noi".

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