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Musa di Pirandello e prima attrice, il teatro dimenticò Marta Abba

Il Centro studi dedicato allo scrittore organizzerà un convegno su di lei

Musa di Pirandello e prima attrice, il teatro dimenticò Marta Abba
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Sono passati settatacinque anni dalla morte di Marta Abba, l'attrice milanese che, a quindici anni, si era iscritta all'Accademia dei Filodrammatici e che, a ventiquattro anni, divenne protagonista, al Teatro Manzoni, del personaggio di Nina nel Gabbiano di Cechov, con la Compagnia di Virgilio Talli, riscuotendo un grande successo di critica e di pubblico. Furono proprio le parole di encomio del critico milanese Marco Praga a suscitare l'interesse di Pirandello per la giovane attrice che volle, senza conoscerla, scritturare per l'apertura del Teatro D'Arte di Roma, in un primo momento come interprete di Paulette (Paolina Bonaparte) di Eugenio Giovannetti e, successivamente, come protagonista di Nostra Dea di Massimo Bontempelli. Quando ricevette la lettera-contratto da Guido Salvini, che le confermava la scrittura per il 1925-26 alla paga di 170 lire al giorno, come "Prima Attrice assoluta", Marta aveva 25 anni e una carriera assicurata. Sapeva di recitare accanto a un grande attore come Lamberto Picasso, ma questo non la impensieriva affatto, riconoscendosi orgogliosa per essere stata scelta da Pirandello di cui aveva visto Cosi è, se vi pare, rimanendone turbata e affascinata. A dire il vero, Marta Abba era molto guardinga, forse non voleva lasciare Milano e neanche il suo capocomico Virgilio Talli; aveva letto Paulette e le era piaciuta, tanto che voleva sapere qualcosa di più sul debutto. Le cose andarono diversamente, anche perché l'apertura del Teatro andava a rilento e il programma era cambiato. Il Teatro d'Arte aveva, come modello, il Teatro del Convegno di Milano, per il quale, Pirandello aveva scritto La sagra del Signore della nave, ma poiché il debutto non avvenne, Pirandello la scelse per inaugurare il Teatro d'Arte, a cui sarebbe seguita Nostra Dea di Massimo Bontempelli, con protagonista Marta Abba che non si mostrò molto contenta del cambiamento. Salvini lo aveva capito e chiese l'intervento di Pirandello il quale le scrisse una lettera consigliandola di studiare con amore la parte della protagonista di Nostra Dea. Inizia così l'avventura che la vedrà impegnata dal 1925 al 1928, e che sarà alle origini di una delle storie d'amore più tormentate tra una attrice e il suo capocomico. C'è da dire che la storia del Teatro D'arte non è tutta rose e fiori, il pubblico era numeroso quando si rappresentavano le commedie di Pirandello, alquanto assente quando vi si rappresentavano altri autori, presenti in cartellone, tanto che Pirandello, pur di fare quadrare i conti, decideva di portare la Compagnia in tournée a Parigi e a Londra, per rientrare in Italia, passando da Milano dove il pubblico gli sembrava più preparato e più numeroso. Proprio al Filodrammatici propone I sei personaggi in cerca d'autore, nella versione del 1925, dove Marta Abba debuttò nella parte della Figliastra che, nel 1921, era stata interpretata da Vera Vergani. Fu un successo assicurato, Renato Simoni, sulle pagine del Corriere della Sera, lodò l'interpretazione della Abba, fece altrettanto Marco Praga su L'Illustrazione Italiana, il settimanale milanese nato in concorrenza con La Domenica del Corriere, ma lo fu ancora di più il grecista Ettore Romagnoli che, sulle pagine dell'Ambrosiano, la paragonò a una "menade tragica", agitata da una passione ambigua e sinistra.

Insomma, quando Marta recitava a Milano era sotto gli occhi della critica che le assicurava molto spazio. Solo dopo la morte di Pirandello (1936), decise di sposare un industriale americano (1938), divorziò sei anni dopo, per ritornare nella città che le aveva dato i natali.

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