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Morto Steve Cropper, il chitarra che ha definito il soul di Memphis e l’energia dei Blues Brothers

Leggendario artista dal tocco asciutto e inconfondibile, si è spento a 84 anni a Nashville

Morto Steve Cropper, il chitarra che ha definito il soul di Memphis e l’energia dei Blues Brothers

Il mondo della musica perde una delle sue figure più influenti: Steve Cropper, chitarrista, autore e produttore che con il suo tocco asciutto e inconfondibile ha plasmato il Memphis Sound. Si è spento mercoledì 3 dicembre a Nashville, all’età di 84 anni. L’annuncio della famiglia ha rapidamente fatto il giro dei media americani, confermando la scomparsa di un artista che ha lasciato un’impronta irripetibile nella storia della musica nera e non solo.

Il suono di una Telecaster che ha fatto scuola

Cropper è stato molto più del chitarrista dei Booker T. & the M.G.’s, la sua Telecaster ha consegnato alla storia riff e atmosfere che oggi appartengono al patrimonio della musica contemporanea. Brani come Green Onions, Soul Man o (Sittin’ On) The Dock of the Bay, quest’ultimo scritto insieme a Otis Redding, portano la sua firma e il suo senso unico del groove, fatto di essenzialità, precisione ritmica e frasi di chitarra che non sprecavano nemmeno una nota.

Non sorprende che la rivista britannica Mojo, nel 1996, lo abbia proclamato il secondo miglior chitarrista di tutti i tempi dopo Jimi Hendrix, elogiandolo per la capacità di mettersi al servizio della canzone con una sobrietà che era puro stile.

Dalle origini al mito Stax

Nato nel Missouri il 21 ottobre 1941 e cresciuto a Memphis dal 1950, Cropper iniziò a suonare a 14 anni. Le prime esperienze lo portarono a fondare i Royal Spades, formazione in cui militava anche Donald “Duck” Dunn, un gruppo che sarebbe presto diventato ponte diretto verso Stax Records, allora un’etichetta nascente.

Proprio negli studi di Stax, in una sessione nata quasi per caso, prese forma Green Onions, la pietra miliare che diede vita ai Booker T. & the M.G.’s. La band non solo incise numerosi successi, ma divenne la casa ritmica per artisti diventati leggenda: Otis Redding, Sam & Dave, Wilson Pickett, Rufus e Carla Thomas, Eddie Floyd. Cropper, oltre a essere il chitarrista del gruppo, fu nominato anche direttore A&R dell’etichetta, un ruolo da cui contribuì a definire l’estetica sonora dell’intero catalogo Stax negli anni ’60.

La svolta Blues Brothers

Per il pubblico più vasto, il volto e la chitarra di Steve Cropper arrivarono nel 1978, quando John Belushi e Dan Aykroyd lo chiamarono a far parte della Blues Brothers Band. La sua presenza diventò parte integrante del progetto: partecipò al successo di Briefcase Full of Blues, album doppio platino, e comparve in entrambi i film cult diretti da John Landis, The Blues Brothers (1980) e Blues Brothers 2000 (1998).

Anche negli anni successivi Cropper continuò a collaborare con artisti di primo piano, tra cui Bob Dylan, Neil Young, John Fogerty e Levon Helm, portando ovunque la sua eleganza musicale.

Un autore di classe

La sua lista di composizioni è un viaggio nella storia del soul. In the Midnight Hour, 634-5789, Knock On Wood, Raise Your Hand, Mr. Pitiful, Seesaw. Due Grammy coronano la sua carriera, uno per (Sittin’ On) The Dock of the Bay e uno per Cruisin’, con i Booker T. & the M.G.’s. Nel 1992 è entrato nella Rock and Roll Hall of Fame.

Gli ultimi anni e l’eredità

Dopo l’epoca Stax e i successi cinematografici, Cropper si concentrò su progetti più personali, incisioni soliste e collaborazioni che mettevano in luce la sua versatilità. Tra i dischi più importanti della fase recente spicca Dedicated (2011), omaggio al chitarrista e songwriter Lowman Pauling dei “5” Royales, uno dei suoi modelli giovanili.

Lascia la seconda moglie, Angel, e quattro figli, due nati dal primo matrimonio e due dal secondo. A loro, e al mondo della musica, Cropper consegna un patrimonio immenso, un modo di suonare che non ha bisogno di virtuosismi, ma che ha definito generi, artisti e intere generazioni.

Un’eco che non svanirà

Steve Cropper non era un uomo da riflettori abbaglianti, preferiva restare un passo indietro e lasciar parlare la musica.

Ma paradossalmente è stato proprio quel passo indietro a farlo diventare uno dei musicisti più ascoltati e imitati del Novecento. Oggi il mondo saluta non solo una chitarra fondamentale, ma un "architetto del suono", uno dei pochi capaci di trasformare semplicità e misura in pura magia.

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