Guerra in Israele

"La tessera rossa...". Gli "intellettuali" italiani tacciono sul bavaglio a Israele all'Eurovision

I soli benpensanti si sono stracciati le vesti contro chi ha sollevato dubbi per le esternazioni politiche a Sanremo gridando alla libertà degli artisti, ma ora tacciono su chi vorrebbe censurare Israele all'Eurovision

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Quando esiste un regolamento, che questo piaccia o no, dev'essere rispettato. È una delle basi di qualunque società civile e democratica. Detto questo, il regolamento dell'Eurovision pone diversi paletti sui contenuti delle canzoni che possono essere candidate alla rassegna canora e, tra questi, c'è il divieto di presentare testi politicamente schierati. Si tratta di una "limitazione artistica", come direbbero gli artisti ben pensanti italiani e non, se non fosse che questa regola viene ora usata contro la partecipazione di Israele alla manifestazione. E allora ecco che il silenzio regna sovrano.

Anche il festival di Sanremo, tra le sue regole che sembrano essere diventate opzionali durante le ultime edizioni, prevede alcune limitazioni e, tra queste, c'è l'obbligo di limitarsi a eseguire la canzone in gara per non influenzare il giudizio del pubblico. Senza ulteriori dichiaraizoni. Un obbligo ampiamente violato, come dimostrano i casi di Dargen D'Amico e di Ghali. Ora, Israele probabilmente chiederà la partecipazione alla kermesse con il brano "October Rain", che al suo interno pare abbia riferimenti all'assalto di Hamas del 7 ottobre, la cosiddetta "Operazione Diluvio". Al netto delle varie richieste di numerosi artisti, che hanno chiesto l'esclusione di Israele dall'Eurovision per la guerra con la Palestina, ora è la canzone a essere sotto la lente di ingrandimento. Se la strage compiuta da un gruppo terroristico diventa un tema politico meritevole di esclusione, solo perché questo urta la sensibilità dei sinistri benpensanti, allora è evidente che esiste un problema.

Ed è proprio su questo punto, concentrandosi sugli artisti e maître à penser italiani, che concentra la usa riflessione il senatore leghista Alessandro Morelli. Sottolineando che le voci italiane sul tema, all'esterno dei confini nazionali, valgono come il due di coppe quando la briscola è di bastoni, il senatore si domanda se anche per Israele i vari Selvaggia Lucarelli, Samuele Bersani, Piero Pelù e altri grideranno a una volontà censoria da parte di chi vorrebbe silenziare il Paese ebraico, come hanno fatto con chi ha alzato dubbi sulla condotta dei sopracitati artisti di Sanremo. "Mi aspetto che escano doverosamente, come sto facendo io, a difesa del testo israeliano che si vede limitata nella sua libertà di creatività ed espressione", ha detto Morelli, ricordando le crociate zoppicanti degli intellettuali di sinistra italiani quando l'hanno accusato di voler limitare la libertà di un artista italiano sul palco dell'Ariston.

Il senatore ha sottolineato che questa è una "grave falsità", fatta circolare ad arte, davanti alla sua volontà di difendere la Rai, che "è cosa di tutti" e non, aggiunge, di "quelli che hanno la tessera rossa in tasca". Certo non serve a molto che i vari "compagni" italiani, da Fazio a Lucarelli, passando per Pelù ecc., dicano la loro. Ma sarebbe un esercizio di stile e di coerenza, per dimostrare che loro posizione sui cantanti di Sanremo è stata tale non su ragione ideologica ma di concetto. Altrimenti, ancora una volta, si dimostra che in Italia la libertà e la democrazia valgono solo a momenti alterni, quando c'è un interesse.

Il solito doppiopesimo rosso che ormai non fa nemmeno più clamore.

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