Musulmano tenta di ammazzare la figlia Il gup: «La vita vale più della religione»

«I valori sanciti dalla nostra Costituzione pongono senz’altro i beni della vita e dell’incolumità fisica su un piano nettamente superiore rispetto a ogni altro, ivi compreso il senso religioso o dell’onore tradito rivendicato dall’imputato». Con queste motivazioni il gup Chiara Valori ha condannato a 7 anni un egiziano che lo scorso settembre aveva cercato di soffocare la figlia di 17 anni con un sacchetto di plastica, dopo che la ragazza gli aveva raccontato di avere avuto un rapporto sessuale con il fidanzato.
L’uomo, infatti, considerava un disonore il fatto che la figlia avesse intrecciato una relazione sentimentale con una persona non musulmana e secondo l’accusa aveva pianificato il modo per punire la giovane. Nelle motivazioni della condanna per tentato omicidio emessa lo scorso 25 gennaio vengono riportate anche le parole della madre della ragazza che parla della «riprovazione» che aveva l’uomo «per la scarsa frequentazione dei precetti musulmani da parte della famiglia». Non vi è dubbio, scrive il giudice, «che il movente che lo ha spinto ad agire abbia matrici e riferimenti culturali lontani dalla modalità corrente nel nostro Paese e pure in qualche modo derivanti dal contesto in cui egli è cresciuto.

E tuttavia - prosegue - non a un generico “comune sentire” deve farsi riferimento nella valutazione dei motivi che l’hanno spinto ad agire, ma al complesso di valori sanciti dalla nostra Costituzione». All’egiziano, comunque, il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche perché attraversava un momento difficile e si stava anche separando dalla moglie.

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