I primi cento anni della Milano-Sanremo, e cioè dellormai classicissima manifestazione di ciclismo definita la «gara più bella del mondo», sono raccontati tra curiosità, aneddoti e retroscena nel volume che lo scrittore Andrea Gandolfo proprio in questi giorni ha pubblicato per i tipi di Bacchetta Editore di Albenga. Gandolfo mette insieme un quadro complessivo dove, oltre ad offrire «la Sanremo locale, dei locali, la Sanremo intimistica per i liguri», come dice il giornalista Gian Paolo Ormezzano della prefazione, sviluppa la storia della Milano-Sanremo dal 1907 al 2006 dallinterno, e cioé dalle cronache tratte dai giornali locali di Sanremo. Il tutto in un reportage che, nellintenzione dellautore, vuole avere «il sapore della freschezza, della genuinità dei momenti immediatamente successivi allarrivo, senza veli».
Il libro contiene decine di aneddoti e di storie interessanti. Per non privare il lettore del piacere dei contenuti, vediamo dunque di partire dal progetto stesso di organizzare «la corsa al sole», come viene chiamata ancora oggi. Un inizio che, come vedremo, è già una storia particolarmente curiosa da sola.
Tanto per cominciare, ben pochi sanno che lidea stessa di organizzare quello che sarà uno degli appuntamenti più importanti della stagione ciclistica mondiale, nasce da un... festival della pernacchia.
Il gustoso resoconto di Gandolfo ci proietta nel Café Rigolé di Sanremo, il locale più alla moda della Sanremo inizio Novecento. Il bar dove politici e uomini daffari usavano fare vita di società e dove un bel giorno a qualcuno venne in mente di fare una manifestazione per ridicolizzare una corsa automobilistica, cioé quella «Milano-Acqui Terme-Sanremo che si era disputata nel 1906 con un esito piuttosto ridicolo (di trentadue vetture partite, ne erano giunte al traguardo solo due a ben due giorni dalla partenza)».
In quella calda estate del 1906 lidea era di organizzare un «concorso della gnerra», appunto la pernacchia, per prendere in giro gli sfortunati organizzatori di quella corsa automobilistica finita in burla. Ed erano appunto quattro i burloni che progettarono di organizzare una gara di ciclismo tra Milano e Sanremo «per dimostrare tra laltro che la bicicletta sarebbe stata in grado di riuscire dove lautomobile aveva clamorosamente fallito».
Come fare? A qualcuno venne in mente di coinvolgere «La Gazzetta dello Sport», allora diretta dallonegliese Eugenio Costamagna, chiedendogli di assumersi lonere della gara. Detto fatto, in tre salirono sul treno per raggiungere Milano. Erano il banchiere, nonché consigliere comunale, Giovanni Battista Rubino, lingegnere Stefano Sghirla e Marcello Ameglio. Quando Costamagna se li trovò davanti e ascoltò la loro proposta, rimase non poco perplesso. «Mi sembrate tutti un po matti - disse loro - chi volete che ce la faccia a pedalare da Milano a Sanremo?».
Costamagna spiegò anche il motivo del suo rifiuto, in quanto riteneva la corsa non fattibile per tre buone ragioni:le pessime condizioni delle strade, il percorso troppo lungo e le troppo alte spese di organizzazione. Infatti, come minimo, sarebbero state necessarie almeno settecento lire, una cifra di tutto rispetto per lepoca.
Ma i sanremesi non si arresero. E, promuovendo una pubblica sottoscrizione aiutata dallUnione Sportiva Sanremese, alla fine riuscirono a mettere insieme la somma. Il progetto, dunque, poteva essere avviato.
La partenza avvenne alle 5,18 del mattino del 14 aprile 1907 nei pressi dellOsteria Conca Fallata, lungo il Naviglio Pavese, appena fuori da Porta Genova. Pioveva e faceva freddo. Dei 66 corridori iscritti, se ne presentarono solo 33.
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