La storia di Nanni Ricordi neanche ad inventarla sarebbe venuta così bene, così inverosimilmente piena di cultura alta e bassa, di nebbie milanesi, di spartiti di ogni genere. E laspetto più inverosimile di tutti, perso nelle brume del caso o del Dna, è il fatto che il Ricordi che nellItalia degli anni Sessanta scopre il volto nuovo della musica - e in pratica lintera generazione dei cantautori, termine sino ad allora inesistente - sia il discendente del Ricordi che centanni prima editava i libretti di Giuseppe Verdi, e il cui marchio di fabbrica appare ancora sulle locandine della Scala. DallOtello a Sergio Caputo, passando per Jannacci e Paolo Conte. Da un secolo e mezzo, insomma, musica a Milano si dice Ricordi.
Oggi, alle 18, a Palazzo Reale viene presentato il libro che Claudio Ricordi ha dedicato a Nanni. Lui, Nanni, non ci sarà, perché è ancora vivo, ma settantasettenne e malato, e se ne sta per i fatti suoi. Ma a Palazzo Reale, e soprattutto nel libro, ci saranno tanti di quelli che lui ha scoperto, degli artisti che per decenni lo hanno avuto come datore di lavoro, consigliere e punto di riferimento. Ci sarà, per esempio, Caterina Caselli, che di lui ieri dice testualmente: «Nanni Ricordi è il discografico più illuminato che io abbia mai conosciuto». E detto da lei, che è stata prima una grande cantante e poi una grande imprenditrice della musica, è un giudizio praticamente senza appello.
Non ci sarà, ma ha inviato un brano carico daffetto, un altro gigante cresciuto nella scuderia Ricordi, ovvero Mogol: di cui Nanni collaborava già col padre, Mariano Rapetti. Scrive Mogol: «La prima cosa che mi torna alla mente è la sua straordinaria prestanza fisica. Ricordo che una buona parte del personale femminile era innamorato perdutamente di lui. Alto, bruno, mascella quadrata, viso aperto, occhi penetranti. Da tutto il suo aspetto traspariva coraggio, lealtà nonché una personalità dirompente. Non sono assolutamente convinto che il detto "Signori si nasce e non si diventa" corrisponda a verità ma certamente lui nacque signore. Quando arrivò alla Ricordi divenne subito il fratello maggiore di noi giovani che formavano la sua equipe. Gentile nei modi, ci stimolava e ci rassicurava al tempo stesso. Erano tempi diversi in cui i sentimenti buoni nascevano più facilmente e radicavano nell'animo delle persone come i semi dell'erba. Nanni alla guida della dischi Ricordi ci trascinò in mille avventure come un cavaliere medievale su un nevrile cavallo bianco. Come mio padre, uomo di altri tempi il cui ricordo è legato alla commozione e al rimpianto». Ma Nanni era anche uno a cui con la musica piaceva giocare, e pochi sanno che è lui il tenore dopera che gorgheggia sotto Libera nos Domine di Guccini.
Il libro esce per Excelsior 1881, si intitola - pressocché inevitabilmente - Ti Ricordi Nanni?, ed ha per sottotitolo Luomo che inventò i cantautori, riconoscimento e rivendicazione quanto mai azzeccate. A fare da mallevadori di quella generazione rivoluzionaria ci furono, accanto a Ricordi, un gruppo di amici e sodali, e anche di loro qualcuno sarà oggi a Palazzo Reale: come Franco Crepax e Giampiero Boneschi, compagni di scoperte e di avventure. O come Giampiero Reverberi, che è riduttivo definire un arrangiatore (di lui Fabrizio De Andrè diceva «riveste di musica la mia balbuzie melodica»). E poi Ricky Gianco, Ornella Vanoni, e tanti altri. Ma quella che difficilmente ci sarà è l'atmosfera gioiosa e irripetibile di unepoca di esplorazioni che ormai sembra appartenere al paleolitico, e in cui nella «forma canzone» si riversavano fermenti e utopie (che di utopia si trattasse, lo sapeva bene anche Nanni Ricordi, che infatti battezzò la sua ultima azienda «LUltima spiaggia», puntualmente fallita nel giro di pochi anni).
E chissà cosa ci sarà di quella Milano che, di riffa o di raffa, nellepopea del Nanni è dappertutto.
«Guarda come ellenico
Garibaldi se ne sta
alieno a pioggia e traffico
e al cuore de Milan».