Whirlpool, 3 anni dopo tutto tace: i lavoratori minacciano di occupare lo stabilimento

I sindacati hanno chiesto al governo di convocare un tavolo di crisi per decidere le sorti dei 317 dipendenti licenziati

Whirlpool, 3 anni dopo tutto tace: i lavoratori minacciano di occupare lo stabilimento

Sono trascorsi tre anni esatti dall’apertura della vertenza da parte dei lavoratori dello stabilimento Whirlpool di Napoli. Era il 31 maggio del 2019 quando la multinazionale americana fece sapere che la fabbrica di via Argine sarebbe stata chiusa e che 317 dipendenti avrebbero perso il loro posto di lavoro. Da allora, tutte le forme di protesta messe in piedi dagli operai e dalle organizzazioni sindacali non hanno portato a nulla di concreto e tutte le promesse fatte dalle istituzioni per ricollocare le persone licenziate sono cadute nel vuoto. Non è trascorso un giorno che i lavoratori non si siano lamentati pubblicamente, accompagnando il proprio grido di dolore con manifestazioni civili di ogni tipo.

Cortei e sit-in a Napoli e a Roma non sono mancati, così come gli incontri con Comune, Regione e ministero del Lavoro, organizzati con l’obiettivo di trovare soluzioni alternative alla Whirlpool, ma fino a questo momento la situazione dei dipendenti e delle loro famiglie non è migliorata e non c’è molto ottimismo per l’immediato futuro. “Lo stabilimento di via Argine – hanno dichiarato al Corriere del Mezzogiorno Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom-Cgil e responsabile elettrodomestico e Rosario Rappa, responsabile nazionale del Mezzogiorno per la Fiom-Cgil – è stato chiuso con arroganza dalla multinazionale americana che ha deciso di delocalizzare la produzione di lavatrici di alta gamma. Se non verranno rispettati gli impegni assunti passeremo dal presidio all'occupazione dei tetti dello stabilimento”.

Dopo tanta attesa, quindi, i sindacati minacciano azioni più eclatanti per smuovere il caso Whirlpool, che oramai è bloccato da troppo tempo. Secondo le organizzazioni sindacali, il governo non ha fatto molto per spingere la multinazionale americana a rivedere i propri progetti ed è stata sterile, almeno fino a oggi, sul favorire nuovi investimenti utili a ricollocare i dipendenti nel mondo del lavoro.

Cgil, Cisl e Uil auspicano che, in tempi brevi, il ministero per lo Sviluppo economico possa convocare un tavolo di crisi per decidere le sorti dei 317 lavoratori. In caso contrario le istituzioni sono state avvisate: si passerà alla forma di protesta più dura, con occupazioni e picchetti in fabbrica.

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