Napolitano ai parlamentari: «Decidete sull’eutanasia»

La Turco: «Una legge sul testamento biologico». Volonté: «Tema delicato»

Vittorio Macioce

La voce, metallica, di Calibano è salita fino al Quirinale. Era solo ieri. Piergiorgio Welby, l’uomo che ha preso il testimone da Luca Coscioni e vive con un tubo attaccato alla gola, il blogger che ha scelto di chiamarsi Calibano, il mostro rozzo e brutale della Tempesta di Shakespeare, il malato che da anni combatte per il diritto alla dolce morte, ha chiesto pietà. E lo ha fatto nel modo più solenne, con una lettera al presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano ha letto e subito, proprio subito, ha risposto. Il postino ha bussato a casa Welby alle due del pomeriggio. Era la busta del capo dello Stato. Alle cinque il messaggio è diventato pubblico. «Caro Welby, ho ascoltato e letto con profonda partecipazione emotiva l’appello che lei ha voluto rivolgermi. Raccolgo il suo messaggio di tragica sofferenza con sincera comprensione e solidarietà. La sua lettera può rappresentare un’occasione di non frettolosa riflessione su situazioni e temi complessi sul piano etico, che richiedono un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere la conclusione approvata dai più. Mi auguro che un tale confronto ci sia, nelle sedi più idonee, perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione e l’elusione di ogni responsabile chiarimento».
La lettera è da presidente, ogni parola è radiografata dalla saggezza istituzionale, ma chiarisce che su questi temi il dibattito va affrontato. Ognuno con la sua idea e la sua morale. Ma va affrontato in fretta. E questo per Welby, e l’associazione Coscioni, è un successo. Sul resto si può discutere. Sulle questioni etiche, quelle che vanno alla profondità della vita e della morte, dell’essere e non essere, del diritto e della vita, le linee di demarcazione politiche sono frastagliate. Non ci sono maggioranze e coalizioni. C’è la coscienza. Ognuno ha la sua su cui riflettere.
Il ministro della Salute Livia Turco, per esempio, apprezza la sensibilità di Napolitano. E spera che il dibattito non si esaurisca in un referendum per il sì o il no all’eutanasia. «Io - dice - penso che ci sia tanto da fare su come rendere dignitosa la fase terminale della vita. Penso al lavoro da fare per estendere l’esperienza degli ospedali senza dolore. Serve, comunque, una normativa sul testamento biologico». Luca Volonté, capogruppo Udc alla Camera, ricorda che il suo partito è per la «tutela della vita dal concepimento alla fine naturale. Senza accanimento e senza eutanasia». Riccardi Pedrizzi di An parla di «sacralità della vita umana». Domenico Di Virgilio di Forza Italia dice no a chi diffonde la cultura della morte. Benedetto Della Vedova, sempre di Forza Italia, invita il Parlamento a rispondere all’appello di Welby: «L’eutanasia è già un atto diffuso e non sarà certo una legge a inventarla». Il primo passo sarà al Senato, commissione Sanità, dove la prossima settimana partiranno le audizioni sul testamento biologico. I disegni di legge parcheggiati in soffitta sono cinque.
L’ultimo atto di questa giornata spetta a Maria Antonietta Coscioni, la vedova del politico radicale morto l’ultimo febbraio. Lei racconta: «Questa è una giornata di forti emozioni. Forse i tempi sono maturi per guardare con ottimismo alla nostra battaglia. La lettera del presidente Napolitano porta la questione eutanasia al centro del dibattito politico. Vedo Piergiorgio e penso che la sua vita è legata a un intervento, la tracheostomia, che Luca non ha voluto fare. Lo vedo soffrire. Lo sento stanco per questa vita che non è vita. E riconosco il suo coraggio. Ricordo i loro discorsi, quell’incontro di voci metalliche.

Vedo quel tubo al collo e mi chiedo perché, dopo un intervento invasivo che ti tiene in vita, un uomo non può dire: “Scusate, mi sono sbagliato, staccate questa macchina e lasciatemi al mio destino”. La nipote di Welby è stata l’infermiera di mio marito. Forse lei vi può raccontare cosa significa vivere all’ultimo stadio di una malattia senza speranza».

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