Napolitano: «Chi vuol dividere l’Italia è fazioso e volgare»

RomaBasta con «la faziosità» e «i giudizi volgari e sommari», basta con le «insostenibili prospettive indipendentiste». L’Italia, dice Giorgio Napolitano, è «una e indivisibile» come stabilirono i padri costituenti e oggi, alla vigilia del 150° della Repubblica, «senza negare i principi di riconoscimento e promozione delle autonomie», bisogna «riaffermare quell’invalicabile vincolo». Una cosa è il decentramento, un’altra il separatismo.
All’Accademia dei Lincei, il capo dello Stato lancia un appello al mondo politico affinché si liberi da «faziosità meschine» e si schieri compatto contro quei «detrattori» dell’unità del Paese che con «pregiudizi volgari» mettono a rischio un valore fondamentale della nostra Carta». I bersagli del lungo discorso di Napolitano, 23 cartelle, sembrano essere la Lega e un certo revisionismo storico che vuole mettere in discussione il ruolo del Risorgimento e della Resistenza nella crescita della nazione. Ad ascoltarlo in platea, tra gli altri, Carlo Azeglio Ciampi e Gianni Letta.
Il tema, secondo il presidente, non è da storici, anzi è molto attuale e serve per «richiamare in modo incisivo» l’attenzione generale per superare il «grave deficit di conoscenza di cui soffrono intere generazioni». Con l’avvicinarsi dell’anniversario, «si vedono emergere giudizi sommari e pregiudizi volgari» sulla nascita dell’Italia, mentre affiorano «bilanci approssimativi, tendenziosi e di stampo liquidatorio» sul cammino iniziato nel 1861.
Un giudizio che non si limita al lontano passato. «C’è chi tratteggia il quadro dell’Italia di oggi in termini di così radicale divisione da inficiare irrimediabilmente il progetto unitario». Una «deriva di vecchi e nuovi luoghi comuni» che, rileva Napolitano, non deve essere sottovalutata soprattutto per l’impatto sull’opinione pubblica. Anzi, «bisogna reagire all’eco che suscitano i rumorosi detrattori dell’unità».
Questa è la linea. Non sono ammissibili «calcoli di parte o fraintendimenti» sulla questione meridionale a proposito di «un abbraccio impossibile» tra nord e sud. In questo innegabile divario Napolitano individua il «più grave motivo di divisione e debolezza» che «insidia» l’unità del Paese. Divaricazione che qualcuno cita in modo «futile e fuorviante» come prova che l’Italia «non è e non può essere unita».

Ecco perché, conclude, l’affrontare la questione meridionale non è solo «il maggiore dei doveri della collettività nazionale», ma è anche un «impellente interesse comune» perché «non c’è alternativa al crescere insieme».

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