Napolitano fa l’equilibrista: «Cambiare la Carta, ma... »

RomaRiforme, e subito. Lo si faccia «con la doverosa serietà», si rispettino «i principi di libertà», però insomma, dice Giorgio Napolitano, «si proceda». Riforme, dunque. Alcune sono «mature», altre «necessarie», altre ancora riguardano la Costituzione, ma questo non è un problema assoluto perché nella Carta stessa, nel «lascito della Resistenza», c’è scritto che alcune parti si possono e si devono cambiare.
Piove e tira vento, volano pure dei fischi per il ministro della Difesa Ignazio La Russa. A Piazza Venezia si celebra la Liberazione, il capo dello Stato, accompagnato da Schifani, Maroni e La Russa, depone una corona davanti al Milite Ignoto e si compiace per «la larga condivisione» ma per il resto, ammette, c’è poco altro da festeggiare. Sono infatti giorni di «scontro cieco e acceso», di liti feroci, di animi incendiati dalla campagna elettorale: un appuntamento che dovrebbe essere «normale» e che invece comporta altre divisioni. Ed è un peccato, spiega, perché l’Italia, per «affrontare le sfide e le incognite che abbiamo davanti», dovrebbe ritrovare «coesione» e fare le riforme «mature e necessarie». Anche, ovviamente, quelle costituzionali.
La Carta quindi, per il presidente, non è un Moloch intangibile. Si vada avanti allora sulla strada delle riforme, «come in questi anni ho sempre auspicato», purché si tratti di progetti organici e non di idee estemporanee come quella di ritoccare l’articolo uno, «e senza mettere in forse dei punti di riferimento essenziali in cui tutti possono riconoscersi», cioè senza toccare «quella sintesi dei diritti di libertà e dei doveri civili, sociali e politici sancito nella prima parte».
Sul tavolo ci sono il federalismo, la giustizia, il riassetto dello Stato. Tutte materie, com’è noto, molto delicate che andrebbero affrontate seriamente nel «dialogo tra le parti» e non messe in mano a certi apprendisti stregoni. Del resto, insiste il capo dello Stato, è delicato pure il momento che stiamo attraversando, in mezzo a una crisi finanziaria globale. L’Italia in passato «ha superato ardue prove», come dimostra la Resistenza, che è stata «la continuazione del Risorgimento». E «dalla memoria possiamo trarre fiducia per il futuro». Oggi abbiamo «altre sfide che ci accompagnano, problemi difficili che ci si pongono e ci incalzano». Per superarli, sostiene Napolitano, servirebbe «un nuovo senso di responsabilità nazionale, una rinnovata capacità di coesione, nel libero confronto delle posizioni e delle idee e insieme nella ricerca di ogni possibile terreno di convergenza».
Non è più il solito appello ad abbassare i toni, destinato a finire disperso insieme agli altri su una spiaggia come un messaggio in bottiglia. Quella del capo dello Stato è «una sollecitazione» a tenere fuori dalla bagarre un minimo denominatore comune da usare per affrontare questioni di tutti, che non sono né di destra né di sinistra. Se ci si è riusciti, dice, nel mese scorso, durante le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ci si può riuscire ancora.
Ma il sentiero è stretto, visto il clima politico. «Certo - ammette - sono poi seguite settimane di aspra tensione nella vita istituzionale e nei rapporti politici, anche per l’avvicinarsi di normali scadenze elettorali». Questo però non dovrebbe frenare gli sforzi. «Ebbene, è nell’interesse comune che le esigenze della competizione in vista del voto non facciano prevalere una logica di scontro cieco e acceso. È nell’interesse di tutti che dal richiamo di oggi, 25 aprile, agli anni della Resistenza, della ricostruzione democratica e del rilancio economico, civile e morale dell’Italia, di quelle grandi prove di impegno collettivo, venga lo stimolo a tenere fermo quel che ci unisce e deve unirci come italiani».
Dal palco, parole di unità arrivano pure da Roberto Maroni: «Le donne e gli uomini che hanno fatto la Resistenza ci hanno consegnato un’Italia libera e democratica. Dobbiamo custodire questi valori».

E anche Ignazio La Russa si unisce alle celebrazioni: «Il 25 aprile ricorda non solo la Liberazione dal nazi-fascismo, ma la riunificazione del Paese. Lasciamo alle spalle le ferite del passato per una rinnovata concordia nazionale».

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