Napolitano striglia il Carroccio Bossi: noi non festeggiamo

RomaIl richiamo all’unità, centocinquanta anni dopo, arriva con un messaggio politico. Il presidente della Repubblica non si appella solo alla storia ma all’attualità più vicina: bacchetta la Lega Nord come mai aveva fatto sinora. Torna sulla questione che rinverdisce ogniqualvolta che la politica schierata festeggia il 2 giugno: rispettare il tricolore è un obbligo. Ma questo è l’anno dell’Italia Unita, e il primo messaggio del capo dello Stato è un avvertimento per i mesi a venire. Il riferimento al Carroccio è stato molto chiaro nel discorso inaugurale dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia: «Non fu per caso - ha spiegato Napolitano al teatro Romolo Valli di Reggio Emilia - che venne collocato all’articolo 12 il riferimento al tricolore italiano come bandiera della Repubblica». Un riferimento «sobrio, essenziale, ma imprescindibile». Dal momento che «nessun gruppo politico ha mai chiesto» che vengano modificati «quei principi fondamentali della nostra Costituzione - la sottolineatura - ciò dovrebbe significare che per tutti e pacifico l’obbligo di rispettarli». Per questo comportamenti «dissonanti», con particolare riguardo al rispetto del Tricolore, non devono essere appannaggio di «forze che abbiamo ruoli di rappresentanza e di governo». La critica alla Lega è evidentissima anche in un altro passaggio: «A forze politiche che hanno un significativo ruolo di rappresentanza democratica sul piano nazionale», e che lo hanno «in misura rilevante in una parte del Paese, vorrei dire che ritirarsi dall’impegno per il centocinquantenario non giova a nessuno». E non serve nemmeno «a rendere più persuasive legittime istanze di riforma federalistica e di generale rinnovamento dello Stato». La critica non sembra in realtà rivolta alla Lega partito, ma ad alcune prese di posizioni padane contro i simboli dell’unità, al rifiuto di partecipare a eventi di commemorazione che richiamino l’Italia Nazione. Il punto di partenza per il federalismo può essere solo l’unità, il ragionamento di Napolitano. No: prima il federalismo e poi le feste, la replica svelta di Umberto Bossi: «Festeggeremo l’unità d’Italia dopo che sarà approvato il federalismo». Il Senatùr ha avvertito: «Se non si attua il federalismo vorrebbe dire che 150 anni sono passati invano. Dobbiamo ricordare quel che disse Cavour a questo proposito. Perché l’unità d’Italia col centralismo romano non va bene». Anche il governatore veneto Luca Zaia ha seguito la linea bossiana: «La miglior risposta che il parlamento può dare è approvare il federalismo». Contro il leader del Carroccio, coro di critiche dall’opposizione, con una vera e propria minaccia politica dal finiano Roberto Menia: «Bossi si vergogni, e sappia che se queste sono le premesse del federalismo, non sarà difficile votargli contro in parlamento».
Sono in realtà gli elettori della Lega, ben più del loro capo, a essere infastiditi per le parole di Napolitano. Radiopadania è diventato ieri l’imbuto dei loro sfoghi: «Il capo dello Stato non è infallibile», si è lamentato un ascoltatore. «L’unità d’Italia non è un dogma», ha detto un altro. «Il 93% dei veneti ha dichiarato che non è giusto festeggiare l’unità d’Italia». L’anima della Lega parla così: «C’è disomogeneità nel Paese. I napoletani, come nel caso del presidente, sono diversi dai lombardi. L’Italia è divisa nella realtà e nell’essenza». Ma il paragone meno ossequioso è con Fini: «Napolitano dovrebbe intervenire su cose più serie», altrimenti fa come «la terza carica dello Stato che fonda un partito». Estremi per il reato di vilipendio? La «voce» di Radiopadania e europarlamentare, Matteo Salvini, minimizza: gli intenti «non son offensivi», il linguaggio padano non è intriso di cortesie verbali, si sa.
Napolitano ha inserito comunque la parola «federalismo» nel suo primo discorso, e uno dei dirigenti leghisti più vicini al Colle, il ministro Roberto Calderoli, lo ha sottolineato: «Trovo bello che il presidente ne abbia fatto espressa menzione. Non è il momento delle polemiche».

In serata, poi, il capo dello Stato ha voluto mostrarsi non ostile e più conciliante, con un appello più incoraggiante che polemico: «Abbiamo ereditato questo Stato anche con le sue tare - la sua precisazione - è fondamentale che ci adoperiamo insieme per superarle». Occorre «superare il vizio di origine del centralismo statale di impronta piemontese». Molto soddisfatto Calderoli: «Ogni parola di Napolitano è una sorpresa positiva».

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