I bambini. Se c'è una cosa che a Natale è cambiata con il tempo sono proprio i bambini. E del resto non sono loro il simbolo della festa per eccellenza? In questi giorni i piccoli che non vanno ancora a scuola, quelli nati negli ultimi cinque anni e che aspettano i regali sotto l'albero, sono 2 milioni e mezzo. Nel 2015 ne sono nati 485mila, quest'anno si farà fatica ad arrivare alla stessa cifra. Quarant'anni fa i bambini nella stessa fascia d'età erano esattamente il doppio, 5 milioni. Nel 1966 i nati furono 990mila, pochi rispetto al 1964, quando i nuovi arrivi superarono abbondantemente il milione. Se si eccettua il 1946, primo anno di un Paese sopravvissuto alla guerra, proprio il 1964 è rimasto l'anno record di una Italia ancora giovane e in crescita, di un baby boom che oggi appare appartenere a un'altra era.
Con i bimbi sono cambiate le famiglie. Negli anni Cinquanta più di un terzo erano formate da genitori e almeno tre figli, oggi quelle con tre ragazzini non raggiungono il 6%. In compenso i cosiddetti nuclei unipersonali, formati da un'unica persona che vive da sola, si sono moltiplicati: oggi sono il 31 per cento del totale, 60 anni fa il 9.
Ma non è solo una questione demografica. Anche il protagonista è diverso rispetto a un tempo. Oggi c'è Babbo Natale, invenzione di uno scrittore statunitense dell'Ottocento, Clement C. Moore, autore di una poesia poi entrata nella cultura popolare americana, A Visit from St. Nicholas. È lui a descrivere per la prima volta un simpatico vecchietto dalla barba bianca e dalle gote rosse che arriva in slitta ed entra in casa dal camino per portare doni ai bimbi. L'industria pubblicitaria completerà nel tempo l'iconografia del personaggio; «americanizzazione» e consumismo lo renderanno popolare in tutto il mondo. Ma negli anni Cinquanta italiani Babbo Natale è ancora un illustre sconosciuto, oscurato dai ben più familiari San Nicola e Santa Lucia.
Mondi diversi, allora e oggi. E per molti aspetti guardare ai Natali degli ultimi sessant'anni è guardare a una serie di Italie lontanissime tra loro. È guardare a tanti Paesi in cui niente o quasi è rimasto uguale. O a un unico Paese che, nonostante le apparenze, e nonostante tutto, è riuscito a fare una strada lunga e complicata. Come viene da pensare raccontando tre Natali, distanti tra loro esattamente vent'anni.
Come accade ogni anno, anche nel 1956 i giornali interpellano, nell'imminenza delle feste, astrologi ed esperti di cabala. Come saranno i prossimi 12 mesi? Ma la prima domanda che fa la Domenica del Corriere all'esperto di turno è ben più specifica: scoppierà di nuovo la guerra? È ancora questo il vero cruccio degli italiani: le cicatrici dell'ultimo conflitto sono fresche e dolorose, si guarda al futuro ma con la paura del passato, la recente crisi di Suez ha seminato ansie e preoccupazioni. Sempre la Domenica del Corriere presenta i regali più belli in vendita nei negozi per bambini. «Ormai i giocattoli hanno raggiunto un tale livello di sofisticazione che praticamente non c'è più differenza con gli oggetti reali a cui si ispirano», spiega il giornale. Il più bello ed avveniristico viene dal Giappone, è «un torpedone comandato per radio per mezzo di una piccola stazione trasmittente. La pressione di un pulsante trasmette gli impulsi». L'autobus telecomandato costa 20mila lire, un lusso in un periodo in cui lo stipendio di un operaio non supera le 50/60mila al mese e la «gratifica natalizia» (si chiamava così la tredicesima, che in pochi avevano) viene spesa al 20% per pagare i debiti e il resto per comprare scarpe e vestiti. Un lusso, soprattutto se si guarda alle condizioni in cui vive il Paese.
IL SOGNO ACQUA CORRENTE
La povertà è feroce: le abitazioni che hanno contemporaneamente acqua corrente, bagno ed elettricità sono il 7,4% secondo il censimento del 1951, il 28% secondo quello del 1961. Soprattutto, la ricchezza o anche solo un modesto benessere restano un miraggio lontano. La ricostruzione è quasi terminata, il boom è alle porte: nel 1951 produciamo 18.500 frigoriferi, alla metà degli anni Sessanta saranno 3milioni e il nostro Paese diventerà il terzo costruttore mondiale dopo Stati Uniti e Giappone. Tra il 1959 e il 1963 la produzione di auto quintuplica, da 148 a 760mila unità.
Ma il miracolo economico non si vede ancora e gli italiani non se lo aspettano neppure. La Doxa, che per i suoi 70 anni ha di recente aperto i suoi archivi fatti di migliaia di ricerche e sondaggi, poco dopo il Natale del '56 interpella gli italiani sulla loro situazione e i loro progetti. Il 49% degli operai e il 70% degli impiegati dichiara che il clima economico è migliorato nel corso dell'ultimo anno. Ma gli impiegati che hanno la televisione sono a malapena il 4% e per la lavatrice la percentuale è del 7% (per gli operai in tutti e due i casi è vicina allo zero). Quello che più colpisce è che l'orizzonte delle aspettative è ancora quello di una povertà irrimediabile, da cui è impossibile uscire. Il 70% degli operai dice di desiderare una abitazione di proprietà, ma si dichiara anche convinto che il desiderio non si potrà mai realizzare. Il sogno inappagato sarà soddisfatto con abbondanza nei decenni successivi e si trasformerà in febbre del mattone.
PUBBLICHE VIRTÙ
In un Paese dagli scarsi mezzi e dalle modeste aspirazioni le preoccupazioni pubbliche sono ispirate a una moralità rigorosa. Nel mese di dicembre l'Osservatore Romano solleva il problema delle donne di servizio. Arrivano nelle grandi città giovanissime, lasciando per la prima volta il paese. A Roma sono, si calcola, 50mila, la maggior parte sono sarde, ogni domenica c'è una messa per loro a Santa Maria Maggiore. Ma nelle metropoli «sono esposte alle velenose tentazioni di una vita più brillante, preludio di corruzione e di rovina». Il 60% delle ragazze madri, osservano con preoccupazione i giornali, sono proprio donne di servizio.
Con altrettanta paternalistica preoccupazione verso il destino di uomini e donne dei ceti più modesti il Corriere della Sera si interroga su quello che succederà in Germania. Il governo di Bonn ha annunciato che nel corso del 1957 verrà introdotta la settimana corta, gli operai avranno il sabato libero. È il primo grande Paese a prendere questa decisione e le preoccupazioni della classe dirigente italiana sono palpabili. «Come impiegheranno il loro tempo i tedeschi di fronte a questa novità?», si interroga il corrispondente del Corriere. «Il rischio è che finiscano tutto il giorno al caffè o all'osteria con conseguenze a tutti intuibili».
Ma il Natale del 1956 è segnato dal problema dei profughi: sono i migliaia di ungheresi in fuga dopo il fallimento della rivolta contro il governo comunista. A pochi giorni dal 25 l'assessore alla beneficenza del comune di Milano dichiara che la città non rimarrà insensibile al loro destino: tutte le strutture pubbliche saranno aperte alle famiglie dei dispersi.
Il 17 dicembre è un sabato, l'ultimo prima della vigilia. A Milano, poco dopo le cinque del pomeriggio, le automobili dei ritardatari che stanno cercando di raggiungere il centro per comprare i regali trovano un ostacolo nelle vetture di chi si è mosso per tempo, ha già fatto acquisti e ora cerca di tornare a casa facendo il percorso inverso. Le due ondate si infrangono una contro l'altra. Incrocio dopo incrocio, viale dopo viale il traffico si ferma. Verso le sei la paralisi è completa, le macchine sono bloccate più o meno dalla metà di viale Monza (una zona che è già periferia), fino all'area del Castello Sforzesco. È uno dei più grandi ingorghi della storia della città. E il simbolo dell'euforia consumista dell'Italia di quegli anni. Per Natale si va tutti a far compere, tutti in macchina: dalle feste povere del 1956 sono passati solo quattro lustri ma sembra un secolo. La religione dello shopping sta prendendo il posto di quella della tradizione. E nei costumi personali il moralismo bacchettone lascia il posto a un compiaciuto libertinismo.
Uno degli eventi teatrali della stagione natalizia è una commedia portata sulle scene da Giovanna Ralli ed Enrico Maria Salerno: si intitola «Fra un anno alla stessa ora», ma i giornali lo presentano come il «Natale degli adulteri». È la storia di una coppia di coniugi che una volta all'anno, in corrispondenza con le feste, si concedono un reciproco tradimento. Lo spunto è moderno, la gente si diverte, lo spettacolo un successo.
RIVOLUZIONE AL POTERE
Pier Paolo Pasolini scrive di una rivoluzione antropologica ormai avvenuta: la civiltà contadina e operaia si è omologata alla cultura dell'edonismo consumistico. In vent'anni gli elettrodomestici hanno riempito le case degli italiani: frigo, tv, lavatrice, ormai sono in ogni abitazione. I confini della spesa si spostano un po' più in là. Il regalo più ambito del Natale 1976 è lo stereo, l'hi-fi, high fidelity, e più ancora la televisione a colori. Qualcuno ce l'ha già, ma la usa solo per guardare i canali stranieri, la tv svizzera e Capodistria soprattutto. Quanto all'Italia la decisione del governo arriva solo due giorni prima di Capodanno: dal 1977 anche la Rai trasmetterà programmi a colori. Visto da oggi sembra un passaggio indolore e invece provoca un terremoto politico: il partito repubblicano protesta con forza. Il tv color, dice il leader Ugo la Malfa, è il tradimento di un principio di austerità doveroso per un Paese che ha non pochi problemi economici.
Chi invece i soldi li ha, li spende per comprarsi l'appartamentino al mare o in montagna. È il momento della seconda casa: i condomini, e a volte intere località turistiche, nascono da un giorno all'altro. È una moda e uno status symbol. Ma anche un fenomeno che lascerà il segno per gli anni a venire: centinaia di chilometri di costa si trasformano in una lunga barriera di cemento.
L'IMPENNATA DEI PREZZI
Intanto i principali comuni e molte associazioni di commercianti in giro per l'Italia promuovono i cosiddetti panieri natalizi, cesti di prodotti alimentari venduti a prezzo calmierato. C'è il panettone, lo zampone e qualche specialità tipica delle feste. Ma a volte, semplicemente, olio, burro e margarina. Perchè la crisi petrolifera dei primi anni Settanta ha lasciato il segno sull'economia e il male del momento si chiama inflazione.
Le famiglie che non sono riuscite a tenere il passo con l'aumento dei prezzi sono finite fuori gioco. Le spese per il pranzo di Natale, avvertono preoccupati gli esperti, sono cresciute del 25% rispetto al 1975, del 30 per chi cerca i lusso a tutti i costi e vuole pasteggiare a champagne. Quanto alle nuove preoccupazioni degli italiani un punto fermo lo mette una ricerca della Doxa. Il 47,2% delle donne italiane vorrebbe dimagrire. Nuovi modelli di bellezza e nuove abitudini alimentari hanno ormai lasciato il segno sulla mentalità collettiva. Nel 1961, solo quindici anni prima, le donne impensierite dai chili in eccesso erano meno della metà, il 23%.
Alla metà di dicembre la Cariplo, la vecchia Cassa di risparmio delle provincie lombarde, annuncia che a partire dal mese di marzo del 1997 sarà il primo istituto di credito italiano a offrire un servizio bancario via web: dal computer di casa si potranno svolgere le più comuni operazioni di sportello, il software è in un dischetto che bisogna ritirare in agenzia. Gli italiani imparano parole nuove, oltre a internet impazza il termine multimediale, e ItaliaOnline mette in vendita in confezione natalizia il suo internet kit: costa 232mila lire compreso l'abbonamento alla Rete per un anno. Sotto l'albero vanno forte anche i cordless, i nuovi telefoni fissi senza filo e i moderni cellulari iperleggeri, design avveniristico e poco più di un etto di peso.
IL LUSSO È AVERE TEMPO
Il clima è supertecnologico ma la parola d'ordine è «consumi senza consumismo». Poche settimane prima di Natale esce in Germania un saggio del filosofo Hans Magnus Enzensberger, subito ripreso dai giornali italiani: «Il lusso, alimentato da un enorme apparato industrial-produttivo, ha vinto ed è morto». Le vere ricchezze, dice Henzensberger, ora sono anti-materialiste: tempo, attenzione, spazio, ambiente e sicurezza. L'umore generale trova una conferma nei dati che arrivano dalle librerie: verso fine anno raggiunge le 500mila copie vendute L'Alchimista di Paulo Coelho, poco inferiori le vendite della Profezia di Celestino di James Redfield, il racconto della ricerca di un antico manoscritto, che contiene nove chiavi per interpretare l'esistenza. Al boom delle letture new age si accompagna quello dei viaggi esotici. Gli italiani scoprono per le vacanze invernali Marocco, Mar Rosso, Cuba e le Mauritius. I giornali e il mondo della cultura, deposte le illusioni di progresso, assaporano il gusto della citazione post-moderna del passato. Il ventennale dalla fine di Carosello (primo gennaio 1977) viene celebrato come una pietra miliare del pensiero; il ritorno in scena degli Abba, storico complesso svedese anni Settanta, diventa un evento; un canale televisivo ripropone tra mille festeggiamenti tutta la serie di Happy days, serie giovanilistica di culto anch'essa degli anni Settanta.
Sul piano dei consumi fanno capolino nuovi protagonisti: gli animali da compagnia. La Doxa censisce 6,8 milioni di cani che vivono in famiglia; i gatti sono ancora di più, 8,5 milioni. È l'affermarsi di un fenomeno culturale inedito e la consacrazione di un nuovo settore economico, uno di quelli destinati a crescere di più negli anni a venire.
UNA STANZA IN PIÙ
Anche la casa resta al centro dei pensieri degli italiani. Ma non è più come negli anni Cinquanta un sogno lontano. Anzi, ormai ce l'hanno proprio tutti, il 73% delle famiglie vive in un'abitazione di proprietà. In una ricerca, sempre di Doxa, quasi il 30% degli interpellati dichiara, però, che presto traslocherà e un altro 13% dichiara che «forse» cambierà alloggio. L'aspirazione da realizzare, in questo caso, è semplicemente una stanza in più. La famiglia media abita in 103 metri quadrati, ma cerca un «taglio» appena più comodo, intorno ai 125.
Sembra un capriccio, rispetto i problemi di qualche decennio prima. Ma la coscienza del cammino che il Paese ha compiuto non serve ad alimentare la speranza. Anzi. Un altro sondaggio dice che il 40% degli italiani non vede un futuro per sé e per i propri figli. E appena prima di Natale l'Italia si commuove per Ovidio: vive da solo, ha 80 anni, qualche problema di salute e il passo un po' incerto.
Scrive ai giornali perché non riesce più ad andare in chiesa per conto suo. Cerca qualcuno che lo accompagni per un'ultima volta alla messa di Mezzanotte. Ci andavo sempre da bambino, dice, ho nostalgia delle emozioni che provavo allora.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.