
Tre agenti del carcere della Dogaia di Prato sono attualmente indagati per l'aggressione in carcere a Vasile Frumuzache, il trentaduenne romeno reo confesso dell'uccisione Ana Maria Andrei e Denisa Maria Paun. Lo riporta stamani la stampa pratese, specificando che i tre operatori saranno interrogati dalla procura di Prato per i reati di rifiuto di atti d'ufficio e di lesioni colpose. L'episodio in questione si riferisce al 6 giugno scorso, quando il "killer delle escort" fu aggredito proprio nel penitenziario pratese da un altro detenuto. Quest'ultimo fece poi sapere tramite il proprio legale di essere l'ex-compagno di Andrei, la ventisettenne romena scomparsa da Montecatini quasi un anno fa e che sarebbe stata uccisa proprio da Frumuzache. Alla base dell'aggressione ci sarebbe stata una risposta sprezzante da parte del trentaduenne, che l'ex-fidanzato della giovane che stando a quanto ricostruito lavorava come escort non avrebbe gradito.
Il procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, contesta a quanto pare ai tre agenti il fatto che, nonostante le direttive impartite dalla procura al comandante del carcere e l'assicurazione che si era provveduto a garantire la sicurezza di Frumuzache, il detenuto che lo aggredì fu “lasciato del tutto libero di versargli un pentolino di olio bollente, intriso di un bicchiere di zucchero, sul volto e sugli arti”. I tre indagati sono un uomo di 24 anni originario di Caserta, uno di 40 di Belvedere Marittimo (Cosenza) e un 45enne di Napoli. Tescaroli ha a quanto sembra evidenziato l'incapacità di assicurare la sicurezza passiva per i detenuti nel carcere di Prato e il caso specifico di Vasile Frumuzache. “È un dato di fatto che non si è riusciti ad assicurare il richiesto controllo e protezione nei confronti del Vasile Frumuzache - le parole di Tescaroli, riportate da TvPrato - poche ore dopo il suo ingresso in carcere".
Nel frattempo, nel penitenziario pratese, è a quanto pare in corso un'operazione contro l’ingresso di telefoni cellulari e droga diretta ai detenuti dei reparti Alta Sicurezza e Media Sicurezza, anche per reati mafiosi. L’inchiesta, coordinata dalla procura, starebbe facendo emergere forme corruttive per quattro agenti penitenziari e anomali contatti tra altri quattro agenti e addetti alle pulizie. A quanto si apprende, sono stati perquisiti 127 detenuti, di cui 27 risultano indagati.
Gli inquirenti ipotizzano che smartphone e sostanze stupefacenti entrassero in carcere attraverso i colloqui in plichi destinati ai detenuti, per posta, tramite personale in servizio nel carcere e talvolta tramite alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria. A breve potrebbero esserci ulteriori sviluppi.