Scena del crimine

"Io sono salva. Giulia Tramontano purtroppo no". Il racconto di Barbara, vittima di un tentato femminicidio

Barbara Bartolotti è stata vittima di un tentato femminicidio nel 2003. Le dinamiche allora erano molto simili a quelle dell'omicidio di Giulia Tramontano: "A ogni notizia, a ogni nome, io rivivo subito quel momento perché è indimenticabile"

"Io sono salva. Giulia Tramontano purtroppo no". Il racconto di Barbara, vittima di un tentato femminicidio

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"Io sono salva. Giulia Tramontano purtroppo no". Il racconto di Barbara, vittima di un tentato femminicidio

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La storia di Barbara Bartolotti è molto simile a quella di Giulia Tramontano, la 29enne incinta uccisa dal fidanzato: era il 2003 quando Barbara, allora 28enne, è stata vittima di un tentato femminicidio. L'aggressore in quel caso non era il suo compagno, bensì un collega che l'ha colpita a coltellate alla testa e al ventre, uccidendo il bambino che portava in grembo e cercando poi di darla alle fiamme. Dopo l'attacco, il suo aguzzino aveva gridato: "Se non posso averti io, non deve averti nessuno". Da quel giorno Barbara si definisce una miracolata perché, fingendosi morta, è riuscita a salvarsi, Giulia no.

Cosa ha pensato quando ha saputo di Giulia Tramontano, la ragazza uccisa dal fidanzato dal quale aspettava un bambino?

"Quando ho sentito di Giulia diciamo che non mi sono impressionata, né scandalizzata. Questo perché Giulia è una come tante, purtroppo. Barbara (io) è una come tante. Diciamo che mi reputo miracolata, forse una delle poche che è riuscita a salvarsi. Sicuramente a ogni notizia, a ogni nome, io rivivo subito quel momento perché è indimenticabile, morirà con me: quel bruciore, quella puzza di carne, la perdita di tuo figlio... queste sono cose che non si dimenticano. Quindi non mi stupisco perché so quanto male c'è e so quanto la società è malata. Sicuramente nutro sgomento e voglio confidare che questa pena certa ci sia. Giulia, come Marzia, come Roberta, come Melania, purtroppo sono tanti i nomi che vengono fuori dalle tv, dai social in ogni giornata. Posso solamente stare male, posso pregare per loro. Ecco perché la mia testimonianza è importante in classe, nelle piazze, ovunque. Proprio per dire no alla violenza".

In 20 anni non è cambiato nulla. Nel 2003 è successo a lei e adesso, nel 2023, a Giulia. Praticamente lo stesso copione.

"Infatti, viviamo in un mondo al contrario dove praticamente i mostri vengono tutelati grazie al legislatore che da pene assurde, da disponibilità ai patteggiamenti, all'essere reo confesso, a tutti questi sconti di pena di cui non capiscono che fanno solo del male alla società. L'unica cosa è che grazie alle poche persone, io tra queste, che si sono attivate e ci hanno messo la faccia, piano piano abbiamo smosso un po' le acque e siamo arrivati al Codice rosso. Ma è ancora tutto troppo lento: ci sono persone che si rivolgono a me in cerca d'aiuto, ma che dopo un mese ancora non hanno l'allontanamento. I magistrati prendono in considerazione i documenti e fascicoli anche dopo mesi. Questo è vergognoso".

Il suo aggressore è libero e ha una nuova vita.

"La pena per il mio aggressore era di 25 anni circa, non hanno tenuto in considerazione del mio bambino, quindi dell'omicidio, del tentato omicidio, della premeditazione, e lui, essendo reo confesso e incensurato, è stato condannato a 4 anni di domiciliari, ma grazie all'indulto non ha fatto neanche quelli".

In questi casi è possibile capire di essere in pericolo? Ci sono dei segnali che ci dicono di stare attente?

"No, assolutamente no. In genere questi uomini fingono, appaiono quello che non sono. Il mio aggressore si distingueva per la sua educazione, la sua famiglia per bene, aveva l'aria intellettuale, portava gli occhialini. Non ci sono dei preavvisi, nel mio caso lui aveva tutto dentro di sé e l'ha manifestato poi fuori, sicuramente anche quando ha saputo che ero incinta".

Come si sente adesso, dopo 20 anni dall'accaduto?

"Credo che questa esperienza morirà con me, insieme alle mie cicatrici. Credo non sia facile dimenticare e non si dimentica. Sono però molto devota alla vita e la mia sofferenza è diventata la mia forza. Non ci si deve mai abbattere e non si deve guardare indietro perché porta solo cose brutte. Dico sempre: vivi intensamente le tue giornate".

Nel 2015 ha fondato l'associazione 'Libera di vivere' per aiutare altre donne vittime di violenze fisiche e morali.

"Sì, ma l'associazione ha bisogno di sostegno, di associati. Non ho contributi da parte dello Stato perché non ho una sede. Chi è interessato ad aiutarmi mi contatti, e chi ha piacere di prendere il mio libro è in vendita a un prezzo solidale di 10 euro".

Infine cosa si sente di dire alle donne che frequentano o hanno a che fare con uomini potenzialmente violenti?

"Sicuramente chi ha un preavviso deve denunciare.

Chi ha questo sentore o vive violenze deve denunciare".

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