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"Bombe in carcere e nei Cpr", è rivolta nelle chat anarchiche

Sui social ribolle l’odio contro Palazzo Chigi: "100 attentati ogni morto in mare o arrestato". L'ex leader dei Nuclei armati proletari Abatangelo parlerà in Valtellina, al suo gruppo venne attribuita la gambizzazione al padre del capogruppo FdI Bignami nel 1974, rimasta impunita

Uno dei blitz dei carabinieri contro un gruppo di estremisti del Nap
Uno dei blitz dei carabinieri contro un gruppo di estremisti del Nap
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Gli anarchici chiamano a raccolta i padri fondatori «per costruire percorsi di lotta all’altezza della situazione», nelle chat si minaccia vendetta per i compagni in galera: su tutti Alfredo Cospito, il terrorista rimasto sei mesi in sciopero della fame che sussurrava al Pd l’abolizione del 41bis, come ha scoperto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, che per questo si è preso una condanna a otto mesi. E così l’ex fondatore dei Nuclei armati proletari (Nap) Pasquale Abatangelo nei prossimi giorni sarà in un teatro e in un circolo Arci in Valtellina per aiutare i suoi figliocci a «costruire percorsi di lotta» contro i decreti «sempre più liberticidi nei confronti di chi si ribella nelle carceri e nei Cpr», a colpi di bombe e attentati contro «il padronato».

Una dichiarazione di guerra vera e propria contro Palazzo Chigi. La solita intellighentia accusa il premier Giorgia Meloni di voler infiammare il clima, da Bologna a Milano e Pisa la realtà è ben diversa. Non bastava la scritta anarchica apparsa su alcuni muri di Bologna Giorgia Meloni sei la prima della lista denunciata dal capogruppo alla Camera Fdi Galeazzo Bignami. Nella «tollerante e democratica Bologna» ribolle lo stesso odio che circola sui social network e nelle chat su Telegram che il Giornale ha intercettato e che a Milano ha "preso di mira" anche Libero e il Tempo, colpevoli di aver esultato per lo sgombero del centro sociale Leoncavallo. Dello stesso tenore ("Sardone appesa") le minacce all’europarlamentare leghista e consigliera comunale del Carroccio a Milano Silvia Sardone sui muri di Sesto San Giovanni.

L’altro giorno, dopo accurate indagini che la Dda di Firenze ha affidato alla Digos, a Pisa sono stati arrestati due anarchici (uno originario di Bologna) accusati assieme ad altri quattro indagati tra Carrara, Montignoso e Sarzana di aver piazzato il 21 febbraio 2023 un ordigno esplosivo contro l’ingresso laterale del tribunale pisano in via del Buschetto. Erano i mesi di mobilitazione per Cospito, condannato a 9 anni e 5 mesi per la gambizzazione del manager Ansaldo Roberto Adinolfi il 7 maggio 2012 in via Montello a Genova e ad altri 23 anni per l’attentato del 2006 alla Scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo).

Sulle chat di alcuni circoli anarchici e del collettivo Hurriya corre il tam tam di «solidarietà rivoluzionaria organizzata» per i due compagni contro «gli epigoni dei Torquemada dell’Italia Stato». Su Telegram e Whatsapp si rivendica l’attentato al tribunale di Pisa firmato dalla Federazione anarchica: «In ogni tribunale tutti i giorni vengono condannati centinaia di sfruttati. A colpi di sentenze vengono seppelliti uomini e donne nelle galere. A colpi di esplosivi saranno colpite le strutture e mutilati gli uomini del potere. Per ogni morto in mare, in carcere, di lavoro, nei Cpr. Non una ma 100 bombe». Chissà cosa dirà Abatangelo sul suo passato nei Nap.

Poi c’è una piccola storia che si intreccia drammaticamente con l’attualità. Una delle vittime degli agguati dei Nap fu Marcello Bignami, padre di Galeazzo, morto il 9 luglio 2006 dopo una lunga malattia. Era l’uomo simbolo della destra bolognese, l’Unità lo definiì «il gerarchetto», venne gambizzato a Castenaso il 7 marzo del 1974: cinque dei sette colpi di pistola lo mutilarono. «Riuscì a sopravvivere ma non era più lo stesso - disse una volta Bignami al Foglio - gli tolsero un rene per insufficienza. Dopo l’attentato lo ricoverarono all’ospedale Rizzoli ma per impedire che venisse curato, che gli venisse somministrata l’eparina, i sindacalisti della Cgil organizzarono i picchetti» che ostacolarono persino la corsa in ospedale da Roma del segretario del Movimento sociale italiano Giorgio Almirante.

L’attentato rimase senza colpevoli, come tanti.

«Da ragazzo recuperai le cronache di quegli anni e decisi un giorno di chiamare uno di quei sindacalisti che non volevano far curare mio padre», la risposta fu una serie di non ricordo. Dalle indagini emerse che la pistola che gli sparò fu la stessa che uccise un brigadiere qualche mese dopo, quando la storia dei Nap si intrecciò con le Brigate Rosse.

Chissà che cosa si ricorda Abatangelo.

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