Scena del crimine

L'avvocato Steccanella: "Ecco perché Azzolini non è il mister X della Spiotta"

Intervista all'avvocato dell'ex terrorista, a capo della colonna milanese delle Br oggi indagato dalla procura di Torino per la sparatoria nel covo di Arzello, nell'Alessandrino, dove fu rapito l'industriale Gancia

Un'immagine della sparatoria di Cascina Spiotta
Un'immagine della sparatoria di Cascina Spiotta

Un mistero italiano che va avanti da quasi 50 anni: chi era il cosiddetto mister X sparito dalla scena della sparatoria alla Cascina Spiotta? Era il 5 giugno del 1975, quando in seguito a uno scontro tra militari e brigatisti, nel covo dove era sequestrato Vittorio Vallarino Gancia, erede della dinastia piemontese che inventò lo spumante italiano, morirono l'appuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso e Margherita Cagol detta Mara, capocolonna brigatista e moglie di Renato Curcio. Il terrorista che insieme a Cagol stava sorvegliando Gancia, invece, riuscì a fuggire e finora non è mai stato identificato. A distanza di quasi mezzo secolo, la procura di Torino ha riaperto l'indagine a carico di Lauro Azzolini ai tempi a capo della colonna milanese delle Br, ritenendo che mister X sia proprio lui. L'ex terrorista, oggi dissociato, era già stato indagato e prosciolto nel 1976, ma la sentenza di proscioglimento non si trova, probabilmente andata persa nell'alluvione del 1994 di Alessandria. E se la sentenza non si trova, non si può revocare, ha sostenuto la difesa di Azzolini. La gip Anna Mascolo di Torino non è stata dello stesso avviso: ha dato il via libera ai pm torinesi sostenendo che vi siano "elementi di novità". In particolare, 11 impronte digitali presenti sulla relazione interna alla Br sulla sparatoria, ritrovata nel covo di via Maderno a Milano, e che secondo la procura fu scritta proprio dal fuggitivo. Davide Steccanella, è l'avvocato di Azzolini. Intervistato in esclusiva da ilGiornale.it, ha già presentato ricorso in Cassazione contro l'ordinanza con cui la giudice Anna Mascolo ha riaperto le indagini a carico del suo assistito.

Lauro Azzolini
L'ex brigatista Lauro Azzolini

Che cosa ne pensa delle nuove prove, cioè delle famose 11 impronte sul memoriale che sarebbe stato scritto dal fuggitivo, a cui fa riferimento la procura di Torino?

“Non ne capisco la rilevanza, perché non sono affatto nuove, come ho sostenuto nel mio ricorso per Cassazione. Il documento è stato acquisito dall'autorità giudiziaria nel gennaio 1976, in occasione dell'arresto di Curcio. La prova è quella, quindi non una prova nuova, nessun documento, nessuna nuova testimonianza. È ancora un documento del 1976, quindi prima che Azzolini venisse assolto nel merito dal giudice di Alessandria. Ora, se ai tempi fu deciso di non approfondire più di tanto, di non fare questi rilievi, è un aspetto di carattere procedurale che non può costringere l'imputato ad affrontare un processo due volte. È come se io oggi facessi fare una perizia su un bilancio acquisito 40 anni prima e dicessi che siccome la perizia dà un certo esito, è una nuova prova. La prova resta il bilancio. È quindi una prova del tutto irrilevante se si volesse dimostrare che Azzolini è l'ignoto brigatista fuggito dalla sparatoria della Spiotta, come sembra intendere la procura".

Le impronte, secondo gli ultimi rilievi dei carabinieri del Ris, appartengono a Mario Lupo, uno degli alias adoperati proprio da Lauro Azzolini in quel periodo.
"Si tratta di un documento che, come ha già affermato lo stesso Curcio, ha girato per tutte le colonne delle Brigate rosse, interessate a comprendere le circostanze in cui è stata uccisa la cofondatrice dell'organizzazione armata, Margherita Cagol. Non è un documento privato dato dal brigatista fuggitivo al marito Curcio per vedovanza, è un documento che tutte le Brigate Rosse hanno letto e pure pubblicato su un giornale clandestino. Quindi su quel foglio che come dice lo stesso Curcio ha girato le varie brigate possano comparire impronte di ex brigatisti mi sembra più normale”.

La sentenza a carico di Azzolini è andata perduta nell'alluvione di Alessandria. Quindi, come afferma anche lei, la gip l'ha revocata senza leggerla...

"È una situazione surreale, che in tanti anni di carriera non mi era mai capitata. Si è revocata una sentenza di merito, pronunciata in nome del popolo italiano, senza neanche averla letta. Sono allibito. Io ho fatto ricorso in Cassazione, che dovrà dire se nel nostro Paese è possibile a distanza di quasi 50 anni cancellare la sentenza di proscioglimento di un cittadino senza neppure averla letta. Peraltro non sembrerebbe essere perduta solo la sentenza, ma l'intero fascicolo dell'istruttoria ai tempi fatta dal giudice istruttore quindi anche con le eventuali prove favorevoli all'imputato che era stato assolto. Non si capisce quindi se si vorrebbe fare oggi secondo processo che l'imputato dovrebbe affrontare solo con la nuova prova d'accusa, perché quelle a sé favorevoli si sono perse insieme alla sentenza. Mi sembra una situazione paradossale, io non posso che fare il mio mestiere, cioè chiedere alla Suprema Corte di valutare se questo è possibile, non solo dal punto di vista giuridico ma anche del buon senso".

Un altro elemento a vostro favore è che le testimonianze dell'epoca parlano del "mister X" come di una persona di media statura, mentre Azzolini è alto 1,90.

“Se il giudice di Alessandria all'epoca ha deciso di assolvere nel merito, con formula piena, Azzolini, è perché ha tenuto conto di quelle che erano le testimonianze descrittive al momento del fatto. Quelle descrizioni, che sono state riportate anche in diversi libri, sono concordi nel descrivere una persona di altezza media, di 1,75-1,78. Un elemento che di certo contrasta con il dato oggettivo: Azzolini è una persona particolarmente alta. Il riconoscimento da parte di chi c'era e di chi l'ha visto direttamente, non può essere superato da quelle impronte su un foglio che è girato per mille brigatisti".

Ci sono altri elementi nebulosi in questa vicenda?

"Secondo il memoriale, che appunto secondo la procura fu scritto dal brigatista presente alla Spiotta, le modalità della morte della Cagol sembrano indicare una esecuzione. È un aspetto inquietante che non capisco come mai la procura non voglia approfondire. Dalla descrizione di quel memoriale l'ignoto scappa quando la Cagol è ancora viva: e avrebbe sentito gli spari successivamente, quando era nel bosco, quando lei sarebbe stata disarmata, arresa. Quindi la tesi che la Cagol sia morta nell'ambito di un conflitto a fuoco per un colpo sparato all'indirizzo di quello che lanciava la bomba è completamente smentito? La procura lo ha considerato quando vuole fare un nuovo processo? Tra l'altro non lo dico io, ma Curcio in una memoria che è agli atti”.

Azzolini come l'ha presa?
"È tranquillissimo, sapendo di non essere stato lui. Non è bello essere riprocessati quando si è scontata la propria pena, per un fatto che non si è commesso e per cui si è stati assolti.

Ritengo in generale che i processi abbiano un senso se vengono fatti il più possibili vicino al fatto, non 50 anni dopo, perché così si delegittima la giustizia, che deve rimanere una cosa seria”.

Ascolta l'intervista integrale a Davide Steccanella:

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