
L’Italia ha vissuto una giornata segnata da tensioni e divisioni. Lo sciopero generale proclamato dai sindacati di base per manifestare solidarietà al popolo palestinese ha portato migliaia di persone nelle piazze di tutte le principali città. Cortei, presidi e sit-in hanno scandito le ore di questa mobilitazione, che da Nord a Sud ha bloccato trasporti, scuole, porti e autostrade. Ma a fianco della protesta, che in una democrazia resta un diritto e uno strumento fondamentale di partecipazione, si sono registrate scene di violenza che hanno offuscato il senso stesso della manifestazione.
A Roma decine di migliaia di manifestanti hanno sfilato da piazza dei Cinquecento fino alla tangenziale, scandendo slogan e mostrando bandiere palestinesi. Una mobilitazione imponente, che però ha conosciuto momenti di tensione quando un gruppo di studenti ha lanciato uova contro l’Ufficio scolastico regionale.
A Milano la situazione è degenerata in modo ben più grave. Dopo un corteo partito da piazzale Cadorna, la folla ha raggiunto la Stazione Centrale, dove sono andate in scena scene di guerriglia urbana: vetrine distrutte, impalcature abbattute contro la polizia, tentativi di sfondare i cancelli, uso improprio degli idranti della stazione, scritte offensive. Le forze dell’ordine hanno risposto con lacrimogeni e cariche di alleggerimento, riuscendo a riportare la situazione sotto controllo ma non a evitare i danni.
A Bologna i manifestanti hanno occupato la tangenziale e l’autostrada A14, paralizzando il traffico per ore. La polizia ha dovuto usare idranti e fumogeni per disperdere i blocchi e consentire la ripresa della circolazione. Le stime delle presenze oscillano tra le dodicimila persone indicate dalla questura e le cinquantamila rivendicate dagli organizzatori.
A Torino circa diecimila persone hanno invaso le strade del centro, parte del corteo ha occupato i binari di Porta Nuova e un gruppo ha bruciato la fotografia della premier Giorgia Meloni accanto a quella di Benjamin Netanyahu. È una vergogna che nelle piazze italiane vengano vilipese e bruciate le immagini di chi rappresenta le istituzioni, indipendentemente dal colore politico.
A Firenze la protesta si è concentrata davanti alla sede della Leonardo a Campi Bisenzio, dove sono stati lanciati sassi e petardi contro le recinzioni. In mattinata, un altro gruppo aveva bloccato per oltre un’ora il casello autostradale di Calenzano.
A Napoli migliaia di persone hanno sfilato in corteo e un gruppo ha occupato i binari della stazione centrale, causando la sospensione della circolazione ferroviaria per venti minuti. Fumogeni sono stati accesi davanti all’università Federico II, mentre la mobilitazione ha avuto effetti anche sul trasporto pubblico urbano, con interruzioni e ritardi.
Anche i porti sono stati punti nevralgici della protesta. A Genova, Trieste, Venezia e Livorno migliaia di persone hanno bloccato varchi e dogane. A Livorno la manifestazione si è saldata con la denuncia dell’arrivo di una nave americana carica di armi dirette in Israele.
A Palermo, invece, circa ventimila persone hanno sfilato pacificamente dietro lo striscione “Stop genocidio a Gaza”, in una manifestazione accesa nei toni ma senza episodi di violenza.
Questa giornata dimostra come il confine tra la libertà di manifestare e la violenza sia sottile. In democrazia protestare è non solo legittimo ma anche necessario: serve a far emergere il dissenso e a dare voce a chi non si sente rappresentato. Ma quando la protesta diventa blocco illegale delle infrastrutture, devastazione di vetrine, attacco alle forze dell’ordine, non si parla più di democrazia: si tratta di un’offesa allo Stato e a tutti quei cittadini onesti che lavorano ogni giorno e non meritano di vedere i propri beni distrutti.
La giornata di oggi ha avuto un argine grazie all’impegno delle forze dell’ordine, che hanno garantito sicurezza e contenuto i momenti più critici. A loro, ai prefetti e al Ministero dell’Interno va un ringraziamento per la fermezza e la professionalità con cui hanno evitato che la violenza degenerasse in tragedia. Un grazie va rivolto anche alla magistratura, che con il lavoro della Polizia Giudiziaria saprà dare un volto e un nome a chi ha commesso reati, a chi ha aggredito uomini e donne in divisa e a chi ha distrutto vetrine, mezzi e strutture di persone che ogni giorno si guadagnano da vivere con il sudore della propria onestà.
Resta un principio fondamentale: tutti i popoli democratici hanno diritto di esistere. Israele, in quanto democrazia, ha pieno diritto a esistere, così come il popolo palestinese ha diritto ad avere una terra e a vivere libero. Ma non hanno alcun diritto di esistere i terroristi. Come conferma il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Hamas è inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche straniere secondo le leggi federali. Non rappresenta la Palestina, ma la priva della possibilità di costruire un futuro. Il terrorismo non genera pace né giustizia, semina solo dolore e impedisce la convivenza tra i popoli.
Per questo il messaggio deve essere netto: sì al diritto di Israele e della Palestina di esistere in libertà e democrazia, no a chi, con il terrore, prova a cancellare quella stessa libertà. La mia solidarietà va al popolo di Israele, vittima dell’attacco di Hamas, e al popolo palestinese, che sta pagando le conseguenze delle azioni criminali dei terroristi.
Preghiamo ogni giorno perché questo tristissimo evento possa finire al più presto e perché ogni Paese e ogni popolo possa vivere nella propria terra in piena libertà, non oppresso da terroristi o da chiunque pensi di poter decidere con la forza, l’arroganza e la violenza la vita di altri esseri umani, che invece devono restare persone libere e vivere serenamente e dignitosamente nel proprio Paese.