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Divorzio, quel vuoto della legge che lascia i figli in balìa di burocrati impreparati

Giudici sempre meno decidenti lasciano il campo a Ctu impreparati

Divorzio, quel vuoto della legge che lascia i figli in balìa di burocrati impreparati

Carl Gustav Jung, negli anni venti del secolo scorso, scrisse che “solo gli psicologi inventano parole per cose che non esistono”. Ai suoi tempi, però, il diritto di famiglia era ancora una cosa seria. Se avesse invece conosciuto la dissoluzione della famiglia e dell'autorità genitoriale che si è manifestata negli ultimi trent’anni, il grande psichiatra svizzero avrebbe certamente aggiunto i giudici - e i giuristi in generale - al novero degli inventori di parole inutili.

Questi ultimi hanno assunto per legge le funzioni che, nella famiglia naturale, spettavano al padre. Tuttavia, non avendo la forza morale per esercitare l’autorità del grande assente, essi si sono ridotti a delegare ogni decisione agli psicologi. I quali ultimi, a loro volta, sono rimasti fedeli alla prescrizione di Jung e hanno ricominciato a inventare parole che inseguono concetti inesistenti, o comunque ormai inafferrabili.

Si è cominciato trent’anni fa con il “preminente interesse del minore”. Non si ha più nemmeno un’idea di quale sia, anche se ne sono piene le sentenze e i trattati di diritto civile. Se non altro perché nessuno, oggi, ha più il coraggio di dire che esso consisterebbe, innanzitutto, nel crescere in una famiglia unita.

Oggi i genitori non possono più decidere su cosa sia meglio per i loro figli, mentre i giudici non vogliono sostituirsi a loro. Così, il compito è passato ai consulenti d’ufficio, e cioè a una pletora di psicologi, o quando va bene di psichiatri infantili, ai quali è stato demandato il compito di disegnare - per i genitori separati e i loro figli - dei “percorsi” di sostegno. Strade immaginarie, che non si sa dove dovrebbero portare e nemmeno chi o che cosa dovrebbero sostenere.

Da qualche settimana, al posto dei percorsi sono arrivate persino le “traiettorie”. Nelle ultime linee guida per Consulenti d’Ufficio elaborate da magistrati, avvocati e psicologi di Milano, a seguito della riforma Cartabia, si è scritto cosa dovrebbe fare il perfetto Consulente tecnico d’ufficio (Ctu), quando viene investito dal giudice del compito di decidere sull’organizzazione di una famiglia in via di separazione o divorzio.

Si tratta ormai di una vera e propria fatica di Sisifo. Il povero Ctu, di fatto, dovrebbe prendere da solo decisioni che non gli spetterebbero. Dopo avere individuato “le condizioni psichiche dei genitori” e le loro “competenze… riguardo alle funzioni di cura… alla funzione riflessiva (capacità di mentalizzazione), empatica/riflessiva”, ecc., il predetto Consulente dovrebbe indicare al giudice “eventuali interventi di carattere psicosociale, educativo o trattamentale in favore del nucleo familiare… tenuto conto dei fattori personali e di contesto che possono influire sull’accesso alle cure e sulla compliance, … [e] ove possibile, elementi utili a valutare quali siano le più probabili traiettorie della situazione familiare in rapporto alle prospettate conclusioni”.

Come si vede, in queste poche righe, le parole per cose che non esistono, delle quali parlava Jung, abbondano in una maniera inimmaginabile fino a pochi anni fa. Ma il vero problema, più che capire in cosa dovrebbero consistere questi “interventi di carattere psicosociale, educativo o trattamentale” - che detti così già fanno pensare a rieducazioni di sapore sovietico -, consiste nell’individuare una direzione e un plausibile esito per queste “probabili traiettorie”.

Insomma, il Consulente d’Ufficio del dopo Cartabia sta diventando una specie di esperto di balistica forense. Anche se, nei fatti, è già immaginabile che nemmeno lui possa dire molto su come le cose andranno a finire, per i poveri figli di genitori che si odiano. Nessuno, infatti, e tanto meno lui, può fornire a un bambino o a un adolescente, al posto dell’autorità perduta del padre, le decisioni di cui avrebbe bisogno.

La recente riforma ha potenziato anche “l’ascolto del minore” con almeno dodici anni nei procedimenti che lo riguardano. Come a dire ai nostri figli di separati che, dal momento che nessuno sa più decidere per loro prima che raggiungano la maggiore età, e al massimo si disegneranno “percorsi” e “traiettorie” per i loro genitori, tanto vale sentire anche la loro opinione. Un po’ come si usa per i condannati a morte, o per gli imputati prima del verdetto.

Ecco, noi stiamo cercando di prenderla in ridere, ma dietro a queste vane parole c’è un dramma epocale, che ha distrutto l’infanzia e l’adolescenza delle ultime due generazioni di Italiani. Oltretutto, sussiste anche un profondo abuso nei confronti dei loro genitori, che - per quanto possano essere giudicati “inadeguati” - avrebbero comunque il diritto costituzionale di non essere sottoposti contro la propria volontà a esami psicologici così invasivi. Resta il fatto che dai “percorsi” e delle "traiettorie" che vengono disegnate dal Ctu dipende il futuro di milioni di bambini e ragazzi, ai quali è stato ormai negato in radice il diritto di essere educati dai propri genitori e non dallo Stato.

Come si è arrivati a tutto questo? La ragione è sempre la stessa: l’autorità del padre, che una volta regolava i conflitti familiari, è stata derubricata a “patriarcato” (altra parola per cose che non esistono, avrebbe detto Jung). Dunque, essa ormai è troppo politicamente scorretta, anzi diciamo pure fascista, per poter conservare voce in capitolo.

E dire che persino un giurista assolutamente insospettabile di simpatie di destra, come Piero Calamandrei, ai tempi della Assemblea costituente aveva dichiarato senza paura che, anche nel nuovo clima democratico, dell’autorità del padre non si sarebbe potuto fare a meno. “La disuguaglianza giuridica dei coniugi nella famiglia è una esigenza di quella unità della famiglia… che, per poter vivere, ha bisogno di essere rappresentata e diretta da una sola persona”, disse il 17 aprile 1947, in un discorso relativo alla questione del divorzio.

Ma oggi che di quella necessaria diseguaglianza non vi è più traccia, al suo posto non vi è più alcuna autorità che possa decidere per lei. Mentre quelli, e non sono pochi, che ancora vorrebbero assumersi le responsabilità genitoriali di un padre si trovano sempre più spesso nell’impossibilità di farlo.

“La vita sprecata dei genitori ha un'influenza molto forte sul comportamento dei loro figli”, scrisse ancora, ai suoi tempi, il già citato Carl Gustav Jung.

Chissà cosa direbbe oggi, se sapesse che questo spreco di vita è diventato quasi necessario, non appena si profila un conflitto tra genitori che nessuno - tra avvocati, giudici e psicologi vari - ha più la capacità, né la voglia, di disinnescare.

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