Il doppio gioco di Speranza sul Piano pandemico: "Va aggiornato". Anzi no, "è inutile"

Dalla lettura comparata dei verbali di task force e Cts e dalle dichiarazioni alla commissione Covid degli ex membri emerge il cortocircuito del ministero della Sanità che potrebbe essere costato molte vite

Il doppio gioco di Speranza sul Piano pandemico: "Va aggiornato". Anzi no, "è inutile"


«Aggiornate il Piano pandemico». «Anzi no, non serve». C’è un passaggio chiave per comprendere la gestione della pandemia che emerge dalla lettura comparata di carte dell’inchiesta di Bergamo, verbali desecretati degli ex membri di Cts e task force in commissione Covid e verbali della stessa task force, ottenuti prima della fine della scorsa legislatura dall’attuale capogruppo FdI alla Camera Galeazzo Bignami (allora parlamentare d’opposizione) tramite un ricorso al Tar che gli diede ragione, smentendo il clamoroso diniego del ministero della Salute all’accesso a quegli atti. Oggi si capisce perché quei verbali - che per alcuni erano semplici «trascrizioni», anzi meglio «resoconti», sarebbero dovuti rimanere in un cassetto. «Il Giornale» è andato a leggerseli, per confrontarli con le recentissime dichiarazioni degli ex componenti della task force alla commissione d’inchiesta sulla pandemia Covid.

Il 10 febbraio 2020, per esempio, nella sezione «Piani strategici», si legge: «Per i piani strategici di gestione dell’eventuale scenario pandemico sul territorio nazionale viene costituito un gruppo di esperti a supporto del Cts col compito di effettuare una ricognizione delle strutture, attrezzature e staff ad oggi disponibile presso il Servizio sanitario nazionale produrre i modelli di risposta ai diversi scenari possibili che costituiscono la base per qualsiasi attività di programmazione». Due giorni dopo, sempre a verbale, il Cts specifica che «è stato dato mandato (da chi? ndr) ad un gruppo di lavoro interno al Cts di produrre, entro una settimana, una prima ipotesi di piano operativo di preparazione e risposta ai diversi scenari di possibile sviluppo di un’ epidemia da 2019 nCoV». Nel verbale della task force del 15 febbraio 2020, tre giorni dopo, si legge che «il dottor Maraglino (Francesco, allora direttore della Prevenzione, ndr) evidenzia la necessità di procedere ad un aggiornamento del Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, risalente al 2009». Nel verbale della task force del giorno dopo, siamo al 16 febbraio 2020, «il dottor Maraglino evidenzia la necessità di procedere ad un aggiornamento del Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale». Passano due giorni e martedì 18 febbraio sappiamo che si sarebbe dovuto riunire «il tavolo di lavoro per l’aggiornamento del Piano pandemico» e che «si lavorerà in sottogruppi per accelerare i lavori».

Ora, come sappiamo, il Piano pandemico del 2006 mai aggiornato nonostante il pressing di molti dirigenti del ministero secondo l’Oms andava adeguato alla pandemia Covid, dunque è plausibile pensare che il mandato al Cts per «l’aggiornamento del Piano pandemico influenzale» sia arrivato dall’allora ministro della Salute Roberto Speranza e che questo aggiornamento del Piano organizzato in fretta e furia serviva per avere uno strumento in più contro il Covid, altrimenti non si spiega perché distrarre risorse preziose di una situazione di emergenza.

È una fonte bene informata, intercettata dal «Giornale», a confermare che l’ordine sarebbe partito proprio dal ministro della Salute. Ma allora perché in tv nella trasmissione In mezz’ora di Lucia Annunziata (quando i verbali della task force non erano ancora stati resi pubblici) il ministro disse che il Piano pandemico influenzale non sarebbe servito per il Covid? Oggi sappiamo, ce lo dice proprio Maraglino in un verbale quando viene sentito per sommarie informazioni dalla Procura di Bergamo che indaga per epidemia colposa, che la linea per l’aggiornamento - su input dei vari dirigenti - la detta proprio il ministro della Salute in carica: «Nel 2020, dunque già in periodo Covid, è stato informato il ministro che ha chiesto che si facesse una riunione per sollecitare l’invio dei contributi. Gli ultimi sono di giugno 2020», dice il dirigente della Salute ai pm.

Che Speranza sia andato in cortocircuito sul Piano pandemico del 2006 è già emerso dalle dichiarazioni alla commissione Covid dell’ex comandante dei Nas Adelmo Lusi e dell’ex dg della Salute Giuseppe Ruocco, come documentato dal «Giornale» nei giorni scorsi. Incalzato dalle domande del presidente della commissione Covid Marco Lisei (Fdi), con tanto di sottolineatura ai fini della verbalizzazione su input della capogruppo FdI in commissione Alice Buonguerrieri, Ruocco smentì Speranza sulla decisione di non applicare il Piano pandemico del 2006. Davanti ai pm di Bergamo l’ex ministro aveva detto che la decisione era frutto delle valutazioni interne dei tecnici del ministero, Ruocco lo smentì categoricamente: «Non ricordo una discussione ampia su questo tema. [...]È chiaro che se si fosse dovuto applicare il Piano, l’attuazione era in capo al direttore generale, ma non credo che il direttore generale l’avrebbe fatta senza sentire il ministro per una cosa così importante», aveva detto in commissione Covid.

Una seconda conferma è arrivata dall’ex membro di task force e Cts Giovanni Rezza, che durante l’audizione in commissione Covid recentemente desecretata disse che nel gennaio del 2020 il Piano pandemico influenzale era lettera morta. Il piano pandemico «andava aggiornato e non è stato aggiornato, questo l’ho detto chiaramente e ho detto che non poteva essere applicato tout court, perché ci sono anche delle zone di overlap trattandosi di virus respiratori, e le motivazioni sono che influenza e Covid hanno delle differenze». «Ribadisco - continua Rezza - che un Piano pandemico non deve essere solo scritto sulla carta, ma dev’essere applicato in ogni fase, anche durante la fase interpandemica. Le scorte, e tutto il resto, devono essere preparate nel momento in cui non abbiamo ancora l’evento pandemico in atto. [...]C’è tutta una serie di atti preparatori che vanno predisposti, al di là che il Piano pandemico sia aggiornato o meno, se un Piano pandemico c’è questo dev’essere messo in pratica».

Rezza quindi conferma che alcune delle misure contenute nel Piano pandemico 2006 sarebbero sicuramente servite nelle fasi iniziali della pandemia, almeno a partire dal 20 gennaio 2020, quando ancora doveva essere elaborato un piano di contingenza. E lo fa per ben tre volte incalzato da Lisei (Fdi) e dal leghista Alberto Bagnai: «Quelle misure che lei dice, giustamente, che vanno adottate in periodo interpandemico, andavano adottate dal 2006 fino ad allora, nel senso che la verifica delle scorte, il rafforzamento dei sistemi di sorveglianza e via dicendo, così come la ricognizione dei posti di terapia intensiva, sono tutte misure che certamente in periodo interpandemico, tanto più qualora noi facessimo riferimento a quel vecchio Piano e ci trovassimo in fase 3 - livello 1, sono misure che certamente andrebbero prese». Perché non fu fatto? Lo decise Speranza da solo? E su che basi? Quante morti si sarebbero potute evitare?

Per il mancato aggiornamento del Piano pandemico nei prossimi giorni

verranno giudicati alcuni dirigenti del ministero della Salute, che - carte alla mano - avevano chiesto alla politica di farlo. Perché mandare alla sbarra chi si era almeno posto il problema e non chi ha fatto spallucce?

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