La festa islamica del Sacrificio? Nel piazzale della chiesa cattolica. È polemica

A Prato, la comunità islamica bengalese ha ottenuto dalla Diocesi il permesso di celebrare la "Festa del Sacrificio" nel piazzale interno della chiesa cattolica di San Domenico

La festa islamica del Sacrificio? Nel piazzale della chiesa cattolica. È polemica
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Circa ottocento musulmani hanno partecipato alla preghiera della "Festa del Sacrificio", organizzata dal Centro islamico bengalese nel piazzale interno della chiesa cattolica San Domenico a Prato (con il permesso della Diocesi). Questo è quanto avvenuto stamani, nella medesima chiesa che poche settimane fa aveva ospitato (sempre nel piazzale interno dell'edificio religioso) la preghiera di fine Ramadan della stessa comunità islamica che vive nella città toscana. Lo ha fatto sapere la Diocesi locale in una nota, specificando come, oltre ai membri dell’associazione promotrice, fossero presenti fedeli di varia nazionalità, in particolare pakistani e marocchini. Questi ultimi hanno preparato il piazzale, solitamente usato come parcheggio, dispiegando tappeti e stuoie per far inginocchiare i partecipanti alla preghiera. Per un episodio che promette di suscitare polemiche: le eurodeputate della Lega Susanna Ceccardi e Silvia Sardone non hanno ad esempio gradito.

"Il piazzale interno del complesso di San Domenico ospita nuovamente una ricorrenza religiosa musulmana: il Centro islamico bengalese vi ha organizzato la festa del sacrificio. Una decisione che purtroppo non rappresenta una novità. Francamente rimaniamo basite di fronte a questo ennesimo cedimento culturale - il loro pensiero - parlare di "integrazione" quando si concede l'uso di spazi ecclesiastici per cerimonie di altre fedi non è rispettoso della nostra storia e delle nostre radici. Siamo di fronte a un'integrazione rovesciata, dove non sono gli ospiti ad adattarsi, ma è la nostra identità a dover fare passi indietro. Utilizzare un'area che fa parte del complesso della Chiesa cattolica per celebrare riti islamici è una scelta sconcertante. Non possiamo rimanere indifferenti: difendere la nostra identità non significa discriminare, ma preservare ciò che siamo: una civiltà che ha nella cultura cristiana, nella storia europea e nei suoi simboli i fondamenti della propria esistenza".

Dall'altra parte il vescovo di Prato, Giovanni Nerbini, ha ribadito la propria posizione citando Papa Wojtyla. "San Giovanni Paolo II, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha indicato tre esigenze fondamentali del dialogo interreligioso: la reciproca conoscenza, la scoperta e valorizzazione di ciò che è buono e vero fuori della Chiesa, la collaborazione. La scoperta e valorizzazione riguarda non soltanto i singoli non cristiani, ma anche gli aspetti delle stesse religioni - ha dichiarato a tal proposito monsignor Nerbini, difendendo il proprio operato - la scelta della Diocesi di Prato si pone in piena e perfetta continuità con il magistero della Chiesa Cattolica. Il mistero dell’incarnazione indica il punto di distinzione fondamentale del cristianesimo dalle altre religioni, e chiarisce il tema della rivelazione.

Circa la “collaborazione”, è patrimonio comune di questi ultimi trenta anni la certezza che tutte le religioni sono chiamate a superare i fondamentalismi, ad emarginare ogni violenza ed offesa della persona e dei popoli ed a lavorare incessantemente per costruire rapporti di amicizia e di pace". L'eco della vicenda, in ogni caso, sembra aver già travalicato i confini toscani.

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