Filippo Turetta aggredito in carcere: colpito con un pugno da un altro detenuto

Il giovane, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, è stato vittima di un’aggressione nel penitenziario veronese. Il responsabile sarebbe un recluso di 55 anni già condannato per omicidio

Filippo Turetta aggredito in carcere: colpito con un pugno da un altro detenuto
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Filippo Turetta, il 22enne condannato all’ergastolo in primo grado per il femminicidio di Giulia Cecchettin, sarebbe stato aggredito lo scorso agosto all'interno del carcere di Montorio, a Verona. A renderlo noto è il quotidiano L’Arena, che ha ricostruito l’episodio di violenza avvenuto nella quarta sezione del penitenziario dove Turetta era stato trasferito dopo un primo periodo trascorso in una sezione protetta.

L'aggressore sarebbe un 55enne condannato per omicidio

Secondo quanto è emerso dalle testimonianze di chi era presente in carcere, l’aggressione sarebbe stata messa in atto da un altro detenuto, 55enne, con una condanna definitiva per omicidio e tentato omicidio. L’uomo avrebbe sferrato un pugno a Turetta al termine di un crescendo di tensioni. Nei giorni precedenti al gesto, il detenuto aveva espresso chiaramente il suo disappunto per la presenza del giovane tra i reclusi della sua sezione.

Lo sciopero della fame

L’aggressore sarebbe stato immediatamente sanzionato con un isolamento disciplinare di 15 giorni. Tuttavia, dopo una settimana, sembra sia stato trasferito in una cella singola che si sarebbe rivelata danneggiata dal precedente occupante. Da lì è partita una protesta: l’uomo avrebbe chiesto di essere nuovamente spostato, iniziando contemporaneamente uno sciopero della fame e della sete, rifiutando anche i farmaci che gli erano stati prescritti.

Il caso Cecchettin

Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo nel luglio 2025 per l’omicidio di Giulia Cecchettin, 22 anni, sua ex fidanzata. Il delitto, avvenuto a novembre 2023, aveva scosso profondamente l’opinione pubblica. La giovane era stata uccisa a coltellate e il suo corpo abbandonato in una zona impervia tra le province di Treviso e Pordenone. Turetta, dopo aver commesso il crimine, era fuggito all’estero e fu catturato in Germania una settimana dopo, grazie a una collaborazione tra le forze dell’ordine italiane ed europee. Durante il processo, Turetta ha ammesso le sue responsabilità, ma ha dichiarato di aver agito "in un momento di disperazione", sostenendo di non aver pianificato l’omicidio. La Corte d’Assise ha ritenuto invece l’azione "premeditata e brutale", infliggendo la massima pena prevista dal codice penale.

Detenzione sotto sorveglianza

Fin dal suo ingresso in carcere, Turetta è stato oggetto di misure di particolare sorveglianza per il rischio di ritorsioni da parte di altri detenuti. Inizialmente era stato collocato in una sezione protetta, proprio per evitare episodi di violenza. Tuttavia, con il passare dei mesi e in assenza di minacce dirette, le autorità penitenziarie avevano deciso di trasferirlo in una sezione ordinaria, scelta che ora potrebbe essere rimessa in discussione alla luce dell'aggressione.

Il DAP non si è ancora espresso

Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sull’episodio, ma fonti interne confermano che sono in corso valutazioni sulla permanenza di Turetta nella sezione attuale.

Una vicenda che continua a suscitare dolore e rabbia, non solo per la drammatica sorte di Giulia Cecchettin, ma anche per il peso sociale e umano che casi di femminicidio portano con sé. E ora, anche il capitolo carcerario di questa tragica storia si arricchisce di tensioni, fragilità e nuovi interrogativi sulla gestione dei detenuti coinvolti in crimini particolarmente odiosi.

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