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L'odio (vigliacco) dei rossi

Lapidi distrutte e imbratte, convegni negazionisti o giustificazionisti. La sinistra continua ad odiare i martiri delle foibe

L'odio (vigliacco) dei rossi

Ogni anno è sempre la stessa storia. Non appena si avvicina il 10 febbraio, il Giorno del Ricordo, i monumenti che ricordano il dramma del confine orientale vengono distrutti o imbrattati. A Cosenza, per esempio, largo vittime delle foibe è stato vandalizzato dalla scritta "Nas Tito" (il nostro Tito), accompagnata da falce e martello d'ordinanza. Un atto vigliacco. Compiuto nella notte. Come sempre.

Qualcosa di simile è successo a Firenze, dove alcuni ignoti (solo nei nomi, ma celebri per vigliaccheria e appartenza politica) hanno scritto "vendetta" sopra il nome del largo intitolato agli italiani uccisi dai titini e fatto scomparire la scritta "martiri".

L'8 febbraio è stato il turno di Genova, dove è stato vandalizzato, con una grande zeta nera (simbolo dell'invasione russa dell'Ucraina), la targa "Passo vittime delle foibe". Sotto, su un muretto, è stata aggiunta la frase "l'unica giornata del ricordo è il 25 aprile". E poi la firma: "Genova antifascista". A inizio febbraio, a Vicenza, un manifesto che ricordava le vittime delle foibe è stato strappato e macchiato con della vernice rosso sangue. Ci fermiamo qui, ma l'elenco potrebbe essere molto più lungo.

Parlare delle violenze compiute dai regimi comunisti nel Novecento è ancora oggi difficile. Chi scrive, ieri, ha presentato una mostra realizzata in collaborazione con l'Unione degli istriani, su Goli Otok, l'isola calva dove Tito rinchiudeva i cominformisti per rieducarli. Pochi giorni prima dell'evento, Rifondazione comunista mi aveva dato del "vampiro" che voleva approfittare del Giorno del ricordo per sponsorizzare un'iniziativa anti comunista. Non era così. Semplicemente, volevo (e voglio continuare a) raccontare le atrocità di un'ideologia, quella comunista, che ha sulla coscienza cento milioni di morti. Nonostante i proclami, nonostante si siano scomodati carabinieri e Digos, nessuno è venuto non dico a protestare (grazie al cielo), ma nemmeno a confrontarsi e a discutere del tema della serata. Come al solito: molto rumore per nulla.

Ma non c'è solo la violenza fisica. C'è anche una violenza fatta di mistificazioni della storia e di continue giustificazioni delle bestialità compiute da Tito e dai suoi sgherri. Come nota Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo: "Ci sono vittime che vanno ricordate e meritano rispetto, come giusto che sia, e vittime che, per qualcuno, invece no. Non solo sono stati cancellati per anni dai libri di storia, ma oggi i Martiri delle Foibe, vittime dell’odio anti italiano di Tito, devono fare i conti con negazionisti che, immancabilmente, il 10 febbraio, risorgono per convocare conferenze con l’intento di negare la realtà e con vandali che distruggono e imbrattano le targhe commemorative, come successo pochi giorni fa ai giardini Cavagnaro di Genova. Questi atteggiamenti negazionisti e irrispettosi sono assolutamente vergognosi e meritano parole di condanna da ogni parte politica".

Perché è questo il punto. A distanza di ottant'anni da quegli eventi, mentre la destra ha fatto pace coi fantasmi del suo passato, una certa sinistra si ostina a non cambiare. A giustificare i crimini commessi. A minimizzarli. A sfregiare la memoria dei morti altrui che poi, nel caso delle foibe, sono semplicemente morti italiani. E lo fa a suo modo: continuando ad odiare.

In modo violento e vigliacco.

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