
Negli accordi patrimoniali tra marito e moglie "vale ciò che è scritto", persino quando si tratta di un messaggio Whatsapp. Lo ha stabilito una recente sentenza del Tribunale di Catanzaro (la 1620/2025) che sta facendo molto discutere e che da un lato preoccupa ma dall'altro incuriosisce. La sentenza, in poche parole, ha stabilito che gli accordi a latere tra marito e moglie stipulati al di fuori delle procedure ufficali di separazione o divorzio possono essere considerati validi. Anche senza l’omologa del giudici, a condizione che non ledano i diritti dei figli.
Una pronuncia che prende le mosse da un caso concreto. Il procedimento riguardava un ex marito che, tramite messaggio, aveva promesso di pagare interamente il mutuo della casa coniugale, mentre la moglie rinunciava all’assegno di mantenimento. Sulla base di questo patto informale, i giudici hanno annullato un decreto ingiuntivo di circa 21 mila euro che l’uomo aveva ottenuto per costringere l’ex consorte a rimborsargli la metà delle rate già versate. In deroga al divieto di prova testimoniale nei contratti, la decisione si è fondata sul "principio di prova scritta" individuato nella chat e sull’"impossibilità morale" di formalizzare un accordo cartaceo a causa dei rapporti ormai compromessi.
La sentenza ha fatto il giro del web e il motivo è presto detto: un qualsiasi messaggio su WhatsApp può essere usato per sostenere l’esistenza di un vincolo contrattuale.
Come riporta anche il Corriere della Sera, "per alcuni giuristi che in questi giorni stanno studiando e analizzando il pronunciamento del Tribunale di Catanzaro si tratta di una sentenza che rivoluziona il diritto di famiglia, con scenari molto pericolosi. C’è chi parla di una sentenza choc". Di sicuro si tratta di una sentenza rivoluzionaria nel diritto di famiglia e persino per quanto riguarda il complicato mondo della messaggistica online.