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Nel Parco Verde di Caivano: tra orrori del passato e l'ombra della pedofilia

L’agglomerato di case popolari- dove sono state violentate le due cuginette - è conosciuto come contenitore strategico di numerose piazze di spaccio di droga. Qui nel 2014 fu uccisa, a soli 6 anni, Fortuna Loffredo

Nel Parco Verde di Caivano: tra orrori del passato e l'ombra della pedofilia
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Da speranza per gli sfollati del dopo terremoto del 1980 a ghetto degradato il passo è stato breve. Per arrivare al Parco Verde di Caivano, cittadina di quasi 36mila abitanti a nord di Napoli, bisogna percorrere l’asse mediano. Lo stato di abbandono è percepibile già alle ultime curve prima di arrivare in centro: l’erbaccia incolta e i cumuli di rifiuti depositati nelle aree di sosta del tratto stradale danno immediatamente l’impressione che in questa terra le istituzioni non abbiano vita facile. Il cemento ormai ha quasi del tutto cancellato i campi coltivati che esistevano prima del terribile sisma e il Parco Verde è l’emblema della trasformazione urbanistica avvenuta negli ultimi quarant’anni. Le numerose abitazioni, nate come alloggi alternativi per i quasi 300mila sfollati del terremoto e che costò 1.500 miliardi di vecchie lire allo Stato italiano, sono poi diventate un rione permanente, un casermone conosciuto oggi come una delle piazze di spaccio di droga più grandi d’Europa.

La brutale violenza

È proprio qui che all’inizio di luglio due cuginette di appena 13 anni sono state violentate da un gruppo di adolescenti. Le minorenni sarebbero state condotte più volte in un deposito abbandonato nelle vicinanze di un vecchio impianto sportivo dismesso. In sei avrebbero abusato delle ragazzine; tra loro solo un maggiorenne. Per le 13enni, i giudici hanno deciso il trasferimento in una casa famiglia fuori Caivano, lontano da quel luogo dell’orrore. “Abbiamo abdicato alla fatica dell'educare”, ha dichiarato don Maurizio Patriciello, parroco del Parco Verde, il quale si dice addolorato dopo aver appreso della vicenda della violenza ai danni di due cuginette che sono residenti nel quartiere dove il sacerdote opera da anni e da qualche tempo vive sotto scorta per la sua lotta contro la camorra.

L’invettiva del parroco

“Di questa vicenda se ne parlerà per qualche giorno, forse per qualche settimana ma poi queste due povere ragazze si porteranno dentro questo trauma per tutta la vita, vivranno questo dolore con le loro famiglie”, ha continuato don Maurizio, aggiungendo: “Se ci sono femminicidi, se ci sono casi di violenza brutale che avvengono sia in quartieri degradati sia in quelli più agiati vuol dire che noi abbiamo sbagliato, abbiamo deciso di non educare”. Il parroco non nasconde la sua rabbia per quello che accade sempre più spesso nel Parco Verde. “Mi dispiace dirlo – ha affermato – ma questo è un quartiere che non doveva mai nascere: qui sono state ammassate tutte le povertà. E poi cosa si è fatto?”. Il sacerdote ha rivolto anche un pensiero ai presunti stupratori. “Sono vittime della povertà educativa. La pornografia è ormai una vera emergenza. Ma cosa si fa?”.

Il quartiere della droga

Il ghetto del Parco verde di Caivano è conosciuto in Italia e in Europa come contenitore strategico di numerose piazze di spaccio. Gli ultimi dati sono agghiaccianti: delle circa seimila persone che abitano nel quartiere, quasi mille, compresi i bambini, vivono con i proventi del traffico di sostanze stupefacenti. Da qui parte la droga che arriva in ogni regione della Penisola. Anche gli episodi di cronaca nera sono all’ordine del giorno. L’illegalità è radicata nelle fondamenta. Nel Parco Verde le case popolari dovrebbero essere assegnate in base a una graduatoria pubblica, ma in realtà sono occupate in gran parte da centinaia di inquilini abusivi, quasi sempre legati ai clan della camorra.

Gli orrori del Parco Verde

Proprio in uno degli alloggi popolari, l’isolato numero 3, a giugno del 2014 fu uccisa Fortuna Loffredo, una bambina di 6 anni che fu lanciata dall'ottavo piano dell’appartamento dove abitava. Per quell’omicidio il Tribunale di Napoli Nord ha condannato Raimondo Caputo, un vicino di casa, accusato di continui atti di pedofilia nei confronti della bambina, nonché del suo assassinio. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, di fronte alla ribellione della piccola per le angherie subite, Caputo l’avrebbe gettata dal balcone di casa. Appena un anno prima, nel 2013, Antonio Giglio, un bambino di 4 anni, cadde in circostanze misteriose dal settimo piano della sua abitazione, nello stesso isolato di Fortuna Loffredo. Sulla morte del piccolo Antonio ha indagato la procura di Napoli Nord, dopo i primi due anni in cui si era pensato a un semplice incidente. Nel 2021 i genitori, sospettati di aver ucciso il figlio, sono stati assolti.

I morti per overdose

Sono, infine, decine i giovanissimi morti per overdose nel quartiere dove tutti vedono cosa accade quotidianamente ma nessuno parla. Non si registrano denunce alle forze dell’ordine, inermi di fronte a un’omertà condivisa. È davvero difficile entrare all’interno del Parco Verde se non si abita lì, i rischi sono tanti e nessuno sembra avere la volontà di rompere quel muro di silenzio e di complicità. A fare da sentinelle sono i pusher in ogni angolo del parco, pronti a far scattare l’allarme nel momento in cui si avvicina un volto estraneo.

Un agglomerato blindato alla mercè esclusiva della criminalità organizzata, tanto che il murale che campeggia all’ingresso del quartiere con la frase “Nessuno resti solo”, realizzato dall’artista palermitano Igor Scalisi Palminteri, suona come un amaro ossimoro.

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