
Bologna non ha assistito a una manifestazione per la pace. Ha vissuto una notte di violenza e disprezzo per lo Stato di diritto. La manifestazione del 7 ottobre, promossa dal gruppo dei “Giovani Palestinesi”, era stata formalmente vietata dal prefetto della città. Non per capriccio, ma per una motivazione precisa: il rischio concreto di tensioni e disordini. Rischio che, come i fatti hanno dimostrato, si è pienamente concretizzato. Nonostante il divieto, centinaia di persone si sono radunate in piazza, sventolando bandiere e gridando slogan che nulla avevano a che fare con la pace.
Le forze dell’ordine in assetto antisommossa hanno dovuto intervenire con cariche e idranti per disperdere i manifestanti.
Ci sono stati momenti di scontro molto pesanti, lanci di bottiglie e sampietrini, volti coperti, blocchi forzati, e persino aggressioni a giornalisti. Bologna, la città dei portici e dell’università, si è trasformata per una notte in un teatro di odio e di provocazione.
Non si è trattato di un raduno per invocare la fine della guerra. Ma di una vera e propria guerriglia. La data scelta, 7 ottobre, è tutto fuorché casuale: è l’anniversario del massacro compiuto da Hamas contro civili israeliani, uomini, donne e bambini. E proprio in quel giorno, in quella città, qualcuno ha pensato di “commemorare” quell’orrore e non di condannarlo. Lo hanno fatto con slogan e simboli che celebrano la “resistenza” e giustificano la barbarie. È agghiacciante.
Chi scende in piazza per glorificare un bagno di sangue non è un pacifista, ma un nemico della Il prefetto di Bologna aveva vietato la manifestazione, prevedendo esattamente ciò che è avvenuto: tensioni e scontri.
Aveva messo nero su bianco il rischio che il raduno degenerasse in apologia del terrore. Eppure, nonostante il divieto, l’evento si è tenuto ugualmente. È una vergogna: per chi lo ha organizzato, per chi lo ha tollerato, per chi lo ha strumentalizzato e per chi lo ha subito. Un affronto non solo alle istituzioni, ma alla memoria delle vittime del 7 ottobre 2023 e ai valori stessi della nostra civiltà. Il cosiddetto “nuovo pacifismo” che si presenta incappucciato, rabbioso e violento non è un movimento per la pace, ma un pericolo per la sicurezza e la democrazia.
Dietro lo slogan della libertà di espressione si cela l’odio più profondo verso l’Occidente, verso Israele, verso le nostre stesse regole di convivenza civile. Non si tratta di opinioni, ma di fatti: quando una piazza diventa teatro di violenza e apologia di terrorismo, quella non è più una protesta. È una commemorazione del massacro. Ancora una volta, dobbiamo ringraziare le forze dell’ordine, i prefetti e la magistratura. Siamo certi che la magistratura farà piena luce sui fatti violenti che si sono verificati, e che chi ha superato i limiti della legge dovrà risponderne. Esprimiamo la nostra vicinanza e gratitudine a tutte le donne e gli uomini del comparto sicurezza insultati, picchiati, offesi, vilipesi che, con sacrificio e spirito di abnegazione, continuano ogni giorno a difendere i cittadini onesti e la legalità. Senza il loro coraggio e la loro dedizione, la libertà stessa sarebbe solo una parola. Bologna non meritava questo.
L’Italia non merita che si scambi la libertà di parola per il diritto di incitare all’odio. Siamo uno Stato di diritto, un Paese democratico, un popolo libero. Difendiamo la nostra civiltà, la nostra sicurezza, la nostra dignità. E diciamo ancora una volta, con forza basta all’odio travestito da idealismo.