
Dopo giorni di attacchi scomposti da parte della sinistra che, esplicitamente e a volte anche implicitamente, ha puntato il dito contro il centrodestra per l'attentato al giornalista Sigfrido Ranucci, accusandolo di alzare il clima d'odio attorno al giornalismo d'inchiesta, è lui stesso a smorzare i toni e smentire ricostruzioni capziose e strumentali. Lo ha fatto intervenendo a In mezz'ora, il programma del pomeriggio di Rai Tre, spiegando che a Report vengono toccati "talmente tanti interessi e centri di potere che è impossibile capire l'origine, credo sia qualcuno legato alla criminalità, non credo nei mandanti politici". Una smentita su tutta la linea ai partiti di opposizione che hanno usato la vicenda per attacchi al governo, in Italia e all'estero.
"Il messaggio era chiaro: chi ha messo l'ordigno conosceva le mie abitudini. Ho pensato che fosse una bombola del gas inizialmente, poi sono sceso e ho visto la macchina", ha aggiunto nel salotto di Monica Maggioni. Escludendo il mandante politico, preso in considerazione solo da una certa corrente, Ranucci ha aggiunto che "è possibile pensare che a qualcuno faccia comodo intimidirci. Abbiamo delle puntate molto delicate che ci attendono, anche se non posso escludere che si riferiscano a qualche inchiesta del passato". Il programma partirà domenica prossima, 26 ottobre, "con il solito sguardo" e, ha aggiunto, "adesso lasciamo agli inquirenti le indagini". Inevitabili i contraccolpi in famiglia, "mia figlia ha avuto una legittima crisi di pianto: i miei famigliari sono abituati da anni, non ho mai voluto pubblicizzare nulla degli avvertimenti che ci sono stati nel passato". Ma Report non cambierà registro: "La squadra di Report non ha paura e continuerà a raccontare la pancia del Paese senza indietreggiare".
La procura intanto continua a indagare per risalire ai responsabili. Sul tavolo ci sono varie piste senza escludere che possa trattarsi di un'azione su commissione: una azione appaltata a bande albanesi, ai gruppi del sottobosco criminale del litorale romano o ad appartenenti alle frange estreme degli ultras. Gli investigatori stanno verificando tutti gli elementi a loro disposizione, inserendoli nel contesto per formare un puzzle in cui tutto assume la dimensione d'insieme.
Il lavoro dei carabinieri di Frascati e Roma si concentra sul tentativo di identificare l'uomo incappucciato visto da alcuni passanti poco prima dello scoppio e l'auto che si sarebbe dileguata qualche istante dopo la deflagrazione. Il dato che emerge è che l'autore o gli autori conoscevano bene le vie di fuga, le strade della zona.