Omicidio Mattarella, chi è Filippo Piritore, l'ex poliziotto che avrebbe depistato le indagini

Ha percorso tutta la sua carriera professionale nella polizia di Stato terminando come prefetto di Isernia prima di andare in pensione

Omicidio Mattarella, chi è Filippo Piritore, l'ex poliziotto che avrebbe depistato le indagini
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Settantacinque anni, di Agrigento, Filippo Piritore è accusato di aver "affermato il falso e taciuto quanto a sua conoscenza" su una prova sparita: il guanto lasciato dal killer sull'auto usata per l'agguato al presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella.

Posto ai domiciliari con l'accusa di depistaggio nell'inchiesta, ha percorso tutta la sua carriera professionale nella polizia di Stato terminando come prefetto di Isernia prima di andare in pensione. È entrato nell'amministrazione dell'Interno a fine anni '70 lavorando nelle questure di Palermo e Ragusa. Dal 1985 al 2000 ha lavorato alla questura di Roma, dov'è stato a capo dei commissariati di Pubblica sicurezza Esposizione, Prati e Trevi.

Nel 2001 è stato nominato dirigente superiore dal dipartimento di pubblica sicurezza, e sempre in quell'anno da questore è assegnato a Macerata. Infine è stato questore a Caltanissetta e quindi a L'Aquila, nel 2009, l'anno del terremoto, per poi andare a ricoprire l'incarico a Genova nel gennaio 2010. Nel 2011 ha lasciato Genova ed è stato posto in disponibilità con incarico del dirigente generale di pubblica sicurezza e a dicembre è stato nominato prefetto a Isernia.

Per il gip potrebbe reiterare il reato

"Immemore del giuramento di fedeltà prestato nei confronti della Repubblica italiana - scrive il gip di Palermo - dopo aver fattivamente contribuito alla dispersione di un reperto di importanza primaria per le indagini sull'assassinio di Piersanti Mattarella, (Piritore, ndr) ha, ancora oggi, continuato a perseguire concretamente un progetto illecito di depistaggio, attraverso propalazioni nocive per gli accertamenti investigativi. A nulla vale rilevare come l'indagato sia in quiescenza.

La spregiudicatezza della condotta, la pervicacia con cui la finalità illecita viene perseguita nell'attualità a tutto danno dell'accertamento giudiziario concernente un gravissimo fatto di sangue, la dimostrata capacità relazionale involgente ambienti interni alla Questura ed orientata verso l'acquisizione - ancora una volta, illecita - di informazioni riservate lasciano affermare, con un grado di rassicurante certezza, che l'indagato sia in grado sia di reiterare il reato e di inquinare le prove già assunte o da assumersi, avvalendosi ancora una volta delle sue perduranti relazioni".

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